Ammanco buoni pasto, tensione in consiglio 

Tortoreto, la relazione della commissione di vigilanza evidenzia omissioni e negligenze dei funzionari comunali

TORTORETO. «Errori, omissioni e approssimazioni, disorganizzazione, mancanza di comunicazione, mancanza di controllo e negligenza: così non è stata fermata la lievitazione dell’ammanco dei buoni pasto dal 2012 al 2017». La relazione della commissione consiliare di vigilanza di Tortoreto sul caso del buco da 180mila euro scandisce e motiva parole durissime nei confronti del municipio e soprattutto dei funzionari degli uffici. Ieri sera, il presidente della commissione Riccardo Straccialini ha potuto leggerle pubblicamente, visto che alla fine il consiglio comunale ha deciso di evitare la discussione a porte chiuse della relazione, stilata dopo un lavoro certosino che ha preso in esame 67 documenti e a cui hanno partecipato consiglieri di tutti i gruppi politici.
A gelare i presenti è stata più di tutte la frase «la vicenda dei buoni pasto si intreccia con il caso Saccuti». Nella lunga disamina che ha ripercorso le tappe della vicenda dell’ammanco dei buoni pasto, la relazione è partita infatti a sorpresa dal 2010, quando l’allora responsabile della ragioneria Pasqualino Saccuti, senza atto di indirizzo politico, senza una convenzione e con affidamento diretto, assegnò alle cartolibrerie il compito di vendere i buoni mensa. Nonostante poi, il caso giudiziario che lo ha interessato nel 2012, con la sua sostituzione con un altro dirigente, nonostante i primi ammanchi con tanto di solleciti inviati a entrambi i rivenditori finiti oggi nella bufera giudiziaria, nonostante una riforma delle mense scolastiche durante la gestione commissariale, il Comune non ha mai deciso di cambiare la modalità di vendita dei buoni pasto. Questo fino al 2017, quando il sindaco Piccioni denunciò i due rivenditori dando il via all’indagine penale e l’amministrazione rivoluzionò il sistema di vendita. La relazione giudica «inspiegabile» anche il perché, nel 2014, si è deciso di sospendere la vendita solo ad uno dei due rivenditori, facendo confluire tutto il mercato verso l’altro privato, che pure era in debito e che poi ha finito per non versare, secondo quanto calcolato dall’ente, almeno 140mila euro. «Inspiegabile» poi anche il perché, proprio nel 2014, la delibera di nomina del legale per il recupero dei crediti (solo nei confronti di uno dei rivenditori) non sia stata mai approvata dalla giunta Richi e si sia dovuto attendere il 2018 per farlo. «Inspiegabile», infine, il perché, dal 2014 al 2017, il Comune abbia smesso di chiedere indietro quei soldi mentre il buco si allargava. La relazione, già inviata dal sindaco alla Corte dei Conti, ha poi confermato le critiche per la gestione dei rapporti del municipio con Emiliano Guercioni, il rivenditore denunciato, che si è scoperto essere in credito anziché in debito con l’ente per errori degli uffici e per compensazione con la vendita dei libri di testo, e si conclude con alcuni consigli, come quello di far ruotare i dipendenti.
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