Castelli,  auto blu con la figlia Il pm: processate il sindaco 

De Rosa accusato di peculato, il mezzo del Comune usato con la figlia. Lui si difende: dov’è lo scandalo?

TERAMO. «E dov’è lo scandalo? L’auto del Comune è stata usata sempre correttamente perchè io sono un uomo delle istituzioni». Nell’Italia della spending review, degli sprechi e dei mille rivoli di spesa, il sindaco di Castelli non si scompone più di tanto quando apprende che per lui c’è una richiesta di rinvio a giudizio per peculato. Un reato che, secondo il pm Davide Rosati, il primo cittadino Enzo De Rosa avrebbe commesso usando la Fiat Punto del Comune, l’auto blu, non solo per spostamenti legati alla sua carica ma anche a scopi privati. Ad esempio tornandoci a casa la sera in modo sistematico, portandoci la figlia, parcheggiando la vettura vicino alla sua abitazione. Un secondo profilo di peculato contestato dalla procura, e strettamente connesso al primo, riguarda i rifornimenti di carburante fatti dal sindaco sulla Punto: per il pm non pagava lui, ma sempre il Comune. Una spesa quantificata in 999 euro.

Ma per l’amministratore non c’è stato spreco nè abuso. «La macchina è stata usata solo per fatti istituzionali che però non sono stati mai evidenziati nel corso dell’inchiesta» dice il sindaco. Che è pronto a spiegare così la presenza della figlia a bordo: «è stata un’azione di collaborazione visto che in quell’occasione mia figlia aveva distribuito delle locandine per pubblicizzare una manifestazione promossa dal Comune e io per non lasciarla a piedi l’ho riportata a casa».

Quanto alla contestazione dell’auto parcheggiata abitualmente sotto casa, il sindaco lo ritiene giustificato dalla vicinanza tra la propria abitazione e il municipio e dice: «secondo noi sono stati risparmiati i soldi dell’autista che avrebbe dovuto accompagnarmi a casa e venirmi a prendere». E aggiunge: «non c’è regolamento che stabilisca dove debba essere parcheggiata l’auto dell’ente». Dopo la richiesta di rinvio a giudizio fatta dal pm ora sarà il gup a stabilire se il primo cittadino di Castelli debba essere processato. «Io», dice, «sono pronto a difendermi in tutte le sedi». L’inchiesta della procura è scattata l’anno scorso a seguito di una segnalazione fatta dai carabinieri che hanno fermato la Punto del Comune con sindaco e figlia. In seguito a questo episodio il pm ha disposto indagini delegando accertamenti sugli spostamenti del primo cittadino. De Rosa nel 2009 è stato coinvolto in un’altra inchiesta ed è finito a processo per truffa aggravata ai danni dello Stato. Secondo l’accusa il primo cittadino, tramite società riconducibili a moglie e figlia, avrebbe ottenuto finanziamenti dalla Regione per circa 100mila euro. Fondi pubblici chiesti ed ottenuti per un complesso turistico in un’area in cui l’ex amministratore risultava comodatario dei terreni ma su cui c’era l’uso demaniale civico del Comune di Castelli. I giudici lo hanno assolato dall’accusa di truffa perchè il fatto non sussiste e condannato ad un anno e sei mesi per abuso d’ufficio. Pena condonata per l’indulto.

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