Adriano Celentano

Celentano: «La morte di Ester? Denunce inutili, purtroppo era ancora viva»

Dal suo blog il molleggiato parla di politica, del sindaco di Roma e della oncologa uccisa dal suo stalker: ora finalmente la polizia potrà muoversi senza indugi

«Fra un po' si andrà a votare e io sono preoccupato. I partiti hanno smarrito la strada. Non sanno dove prendere i voti. Le banche si fanno prestare i soldi dai piccoli risparmiatori e poi non glieli restituiscono più. Gli arrampicatori pretendono che Virginia Raggi, in quattro e quattr'otto, risollevi Roma dalle macerie prodotte dai governi precedenti. O forse, è proprio quello che temono: che sia lei, l'unica in grado di realizzare il miracolo».

È la presa di posizione di Adriano Celentano, che in un post sul suo blog intitolato "Lo sbando" si sofferma anche sul caso di Ester Pasqualoni, l'oncologa uccisa nel teramano, sulla certezza della pena, sull'articolo 18. «Fatto sta - scrive Celentano - che il mondo politico è allo sbando, e forse qualche sbandamento l'ha avuto anche il capo della polizia visto che ha dichiarato che l'orribile delitto ai danni dell'oncologa rappresenta una vera e propria sconfitta per le ISTITUZIONI. La povera Ester viveva in uno stato di angoscia insostenibile, perseguitata da mesi giorno e notte, a niente sono servite le continue denunce alle forze dell'ordine sistematicamente archiviate perché "purtroppo" la donna era ancora "viva". Ma ora che lei non c'è più, finalmente la polizia potrà muoversi senza alcun indugio in modo seriamente determinante». Celentano si chiede «se l'evidente sconquasso della politica non sia dovuto al fatto che i governi, una volta raggiunto il 'potere sognatò, non pensino altro che alla loro vanagloria anziché dare la priorità all'unica cosa davvero essenziale. La certezza della pena. A cosa serve la crescita, il posto assicurato se poi, finita la giornata lavorativa, esci e ti uccidono? E a cosa serve il posto di lavoro se poi gli stessi lavoratori (in tutti i settori) non eseguono con coscienza il loro lavoro? Non è l'articolo 18 che difende i lavoratori. Se mai è proprio il '18' a creare una vera e propria schiera di scellerati. Perché i tanto vituperati padroni dovrebbero licenziare qualcuno se questo qualcuno fa il proprio dovere con coscienza? Non è vero che l'esempio viene dall'alto. L'esempio, quello vero, in grado di correggere anche quelli in alto - conclude -, viene dal basso».