Gino Bucci a Rocca Calascio

MARTINSICURO

«Con “L’abruzzese fuori sede” valorizzo i pregi della regione» 

Gino Bucci è lo studente universitario di Martinsicuro che ha creato la popolare pagina Facebook Ha più di 140mila seguaci in tutto il mondo che leggono post ironici su fatti e tradizioni locali

MARTINSICURO. Esaltare i numerosi punti di forza dell’Abruzzo, questo è l’obiettivo che si pone Gino Bucci, creatore della pagina “L’abruzzese fuori sede”, diventata ormai famosissima e virale nel web. E, nel suo piccolo, la pagina contribuisce giornalmente a rinforzare quel senso di comunità, quell’orgoglio di essere abruzzesi che hanno reso forte la regione nell’affrontare i colpi della sorte.

Qui una rivisitazione della Creazione di Adamo di Michelangelo pubblicata sull'Abruzzese fuori sede

“L’abruzzese fuori sede” lo fa con ironia, a volte con una vena di irriverenza, sempre in maniera arguta. E dietro tanto umorismo c’è Gino Bucci, 26 anni, abruzzese Doc (di Martinsicuro per la precisione, con una nonna di Ancarano e una originaria di Cappelle sul Tavo, ci tiene a dirlo perché sono le "ispiratrici agricole" della pagina). E la definizione “fuori sede” è più che mai opportuna, visto che ha studiato Lettere per tre anni a Roma e ora è a Bologna per la magistrale. La vena umoristica che emerge dalla pagina Facebook, nella vita reale è celata dietro un carattere riservato. Un Bucci quasi timido, tutt’altro che sfrontato, quello che emerge dall’intervista. Due facce della stessa medaglia: probabilmente è questo il punto di forza di Bucci che è al terzo posto nella classifica di Abruzzo Live dei personaggi più influenti della regione, subito dopo l’indimenticato manager Sergio Marchionne e lo chef stellato Niko Romito. La sua pagina ha raggiunto nel giro di pochi anni (è in attività dal 2014) oltre 140mila seguaci. Giovani e meno giovani leggono quotidianamente i suoi post, in diverse parti del mondo. Molti interagiscono anche direttamente con il creatore della pagina. Sono diverse, racconta Bucci, le anziane signore che gli scrivono domandandogli “di chi si lu fije?”.
E dai post emergono anche i tanti interessi dell’inventore di “L’abruzzese fuori sede”: spaziano dal calcio alla musica italiana degli anni ’60, dalla scrittura al cinema. «I miei film preferiti sono quelli di Sergio Leone e Kubrick, ma amo anche i film sui supereroi e il mio preferito è “Giustino stetv a la cas”», esordisce ridendo l’intervistato, riferendosi a quel Giustino comparso in un servizio sull’Abruzzo e da cui deriva la citazione “stetv a la cas”, poi diventata lo slogan per eccellenza della pagina.
Che cosa l’ha spinta a creare la pagina? Pensa che vivere fuori regione l’abbia legata ancora di più all’Abruzzo?
«Indubbiamente, vivendo a Roma per l'università ho iniziato a sentire la mancanza del "paese" e poi della regione, sulla quale prima non mi ero soffermato; in questo hanno influito anche i miei due coinquilini dell'epoca, uno di Popoli e uno di Pescocostanzo. Poi è stato tutto casuale, niente storie epiche di fondazione: all'epoca, nel 2014, andavano forte su Facebook delle pagine "satiriche" regionali sui fuori sede e ho pensato che mancasse quella abruzzese, così è nato tutto».

Lo studente teramano e sul video del portatile l'ormai famoso personaggio "Giustino stetv à la cas"
La sua pagina è solo umoristica o c’è anche una dose di impegno sociale dietro?
«Tutto della mia pagina nasce in modo molto casuale, però è capitato che a volte, grazie ai miei post, io sia riuscito ad aiutare diverse persone, come ad esempio il caso del lanificio Merlino (di Taranta Peligna, ndr): io ho semplicemente condiviso la foto della coperta che produce questa azienda a rischio di chiusura e al resto ha pensato la gente che mi segue. Il fatto è che in Italia non si parla tanto dell’Abruzzo e, quando succede, non se ne parla in maniera intelligente; secondo me bisogna dare importanza anche alle piccole cose e ai piccoli paesi, di cui questa regione è piena. Non sono certamente Robin Hood, non penso sempre e solo all’impegno sociale, molti dei miei post sono casuali. Però c’è da dire che mi piace e mi è sempre piaciuto dare importanza a quelle cose che non hanno mai avuto rilievo. Questo è ciò che mi regala soddisfazioni».
È stato nominato tra i personaggi più influenti d’Abruzzo nel 2018, cosa ha provato leggendo l’articolo?
«Inizialmente mi sono vergognato tantissimo. Mi ha contattato il direttore di Abruzzo Live su cui è uscita la classifica e non volevo nemmeno uscisse il mio nome, soltanto quello della pagina. Però alla fine se sono finito al terzo posto vuol dire che la gente mi ha votato, questo mi rende felice perché significa che le persone apprezzano quel che faccio».
La sua pagina ha mai rappresentato un lavoro, una fonte di guadagno?
«Assolutamente no. Forse perché sono stupido io rispetto ad altri che invece riescono a guadagnarci, ma in realtà il fatto è che non voglio perdere il rapporto che ho costruito con le persone che mi seguono. Potrei pensare a fare una linea di magliette, quello sì, ma mi rifiuto di fare pubblicità solo per fare soldi».

Da dove prende ispirazione per i suoi post?
«Sempre dalla casualità. Una cosa che faccio sempre ogni mattina, appena mi alzo, è vedere chi sono i nati del giorno, in modo da controllare se hanno un cognome interessante e a quel punto fare qualche ricerca. Se sono abruzzesi, cerco sempre di farci un post, sennò per il resto ho tutte le persone che mi seguono che si preoccupano di mandarmi tantissimi riferimenti e spunti da ogni dove».
Ritiene che la pagina possa indurre a eccessivi campanilismi o piuttosto pensa che sia positivo valorizzare le proprie tradizioni?
«L’eccesso di campanilismo è un rischio concreto quando si ha una pagina che, fin dal nome, è limitata geograficamente; inoltre fa parte anche del personaggio esaltare all’eccesso l’abruzzesità. L’ironia serve a stemperare il tutto ed è facile discernere quando si esagera volontariamente e quando si esalta un qualcosa di davvero bello. Il mio è un porre l’Abruzzo al primo posto, ma sempre in un contesto internazionale, senza parlar male degli altri, È anche una questione di comunicazione, perché se sai comunicare in un determinato modo riesci perfettamente a distinguerti dal nazionalismo più becero. Le tradizioni sono importanti, ed è importante salvaguardarle; anche per confrontarle, nel caso, col resto del mondo, senza chiudersi nel proprio orticello ma guardando, giustamente, “fuori sede”».

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