Danni all’immagine dell’Arma Ex carabiniere deve risarcire 

Sentenza della Corte dei conti 12 anni dopo la condanna del militare per tentata concussione e falso I giudici contabili: «Piegava e degradava l’appartenenza al Corpo ai propri spregevoli interessi»

TERAMO. Scrivono i giudici della Corte dei conti: «Piegava e degradava l’appartenenza a prestigiosa e centenaria arma militare ai propri spregevoli interessi». Ed è in questo passaggio il senso più profondo della sentenza con cui un ex appuntato dei carabinieri (oggi è in pensione) è stato condannato a risarcire 5mila e 500 euro al ministero dell’Interno per il danno d’immagine provocato all’Arma.
Il pronunciamento dei magistrati dell’Aquila arriva dopo che la sentenza di condanna del militare è passata in giudicato e, come spesso capita con i tempi lunghi della giustizia, a 12 anni dai fatti. Nel 2005, infatti, l’allora appuntato teramano F.D.N., all’epoca in servizio all’aliquota radiomobile della compagnia di Teramo, venne condannato ad un anno e quattro mesi per i reati di tentata concussione continuata, violata consegna e falso ideologico. Secondo l’accusa il militare, si legge nella sentenza, «avvalendosi indebitamente del proprio status, costringeva alcuni imprenditori agricoli della zona di Colledara a rinunciare alla coltivazione di aree agricole in loro uso, alfine di poterle acquisire in proprio e a favore dell’azienda agricola intestata alla coniuge per lo sfruttamento del terreno e la produzione di foraggio per animali. Ciò attraverso minacce alle parti offese perpetrate dal militare che aveva loro intimato espressamente o comunque inequivocabilmente fatto capire, direttamente o per mezzo di terzo, che se si fossero aggiudicati lo sfruttamento di quei terreni egli li avrebbe sistematicamente sottoposti a controlli stradali. Certificava falsamente in diversi ordini di servizio di aver effettuato gli itinerari previsti e di aver controllato autovetture esistenti per numero di targa, ma inserendo dati anagrafici di conducenti falsi ovvero di aver controllato obiettivi sensibli». Nella sua richiesta di condanna il pm della Procura della corte dei conti aveva sottolineato «la lesione all’immagine con conseguenze sociali fondate sulla negativa ripercussione suscitata nell’opinione pubblica dal fatto illecito, favorita dal “clamor fori” e dalla diffusione nei giorni successivi alla condanna sulle pagine dei quotidiani locali».
Aggiungendo che « i danni conseguiti alla lesione della dignità e del prestigio pubblico sono danni ascrivbili alla categoria del danno patrimoniale». E i giudici (presidente Tommaso Miele,a latere Federico Pepe e Gerardo de Marco) hanno stabilito che «si può cogliere il profondo vulnus che l’amministrazione d’appartenenza subiva al proprio decoro e alla propria credibilità di fronte alla comunità amministrata e agli dipendenti militari».
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