«E’ deciso: io e mia moglie ci lasciamo morire di fame»

La Regione stanza i fondi ma l’Ater non installa l’ascensore nella palazzina Il marito di Liliana, malata di Sla, da oggi inizia la protesta contro i ritardi

TERAMO. Ancora nessun ascensore per Liliana Paolizzi, malata di Sla e prigioniera in casa da circa due anni in una palazzina Ater di Colleatterrato Basso. Dopo oltre un mese dalla visita del governatore Luciano D’Alfonso e più di due settimane dallo stanziamento di 2,8 milioni di euro da parte della giunta regionale per l’abbattimento delle barriere architettoniche, il marito di Liliana, Tonino Serafini, inizia oggi lo sciopero della fame all’interno della sua abitazione e dichiara di voler porre fine alla propria vita e a quella della moglie, se non avverrà nulla.

«Da oggi inizia lo sciopero della fame. Stavolta non ci fermiamo. Dopo qualche giorno, a seconda di come evolverà la situazione, prima che cominci la debolezza», ha continuato Tonino, «darò ordine di interrompere le cure e l’alimentazione per mia moglie, salirò sul tetto e se qualcuno tenterà di avvicinarsi volerà qualche tegola». L’uomo dichiara spiega di avere il consenso di Liliana, che non parla da quasi due anni, da quando è attaccata al respiratore automatico. «Non parla, ma scrive. Mi sto prendendo una brutta responsabilità anche per lei, ma non l’avrei fatto se non fosse d’accordo. Qualcuno dovrà averci sulla coscienza», ha dichiarato Tonino, «voglio vedere se il prefetto o il procuratore interverranno. Nessuno ci deve dire niente ora. Stavolta applicherò l’eutanasia a mia moglie e a me stesso».

La Regione ha stanziato i fondi ma Tonino spiega che nessuno ha fatto ancora nulla per installare l’ascensore esterno nel palazzo Ater, dove oltre a Liliana risiedono altre due persone con invalidità rispettivamente al 75% e al 100%. L’elevatore le consentirebbe di godere di qualche ora d’aria all’aperto, accompagnata dal marito o dai figli fuori dall’appartamento in cui è rinchiusa per via dei 72 scalini che le impediscono di uscire. «Mia moglie era già convinta che sarebbe potuta uscire di casa. Anche perché dovrebbero darci la carrozzina in questi giorni», ha continuato Tonino, «quando le ho detto che non sarebbe stato così, è diventata triste. È sempre triste ultimamente». Sono tante le proteste già messe in atto da Tonino nel corso dell’ultimo anno e mezzo, sostenuto nella sua lotta dal comitato “Ora basta”, a cui hanno aderito tra gli altri Sergio D’Ascenzo, Domenico Reginaldi e il blogger Giancarlo Falconi. Adesso, però, il marito di Liliana ha in mente una protesta ben più radicale. «Non ha chiamato nessuno né si è presentato qualcuno per un sopralluogo, sono infuriato. Questi vogliono vedere la nostra fine», ha spiegato l’uomo, ormai esasperato dalla situazione, «voglio ringraziare ancora una volta il governatore D’Alfonso, che purtroppo non ha compreso come funzionano le cose a Teramo. Qui non si muove una foglia».

Il comitato “Ora Basta” ha già dichiarato la propria adesione alla protesta di Tonino con uno sciopero della fame a sostegno di Liliana e dei malati che, come lei, hanno dei diritti troppo spesso ignorati. «Chi vuole aderire é il benvenuto, cominciamo da questa mattina. Sono gradite visite personali spontanee a Liliana mentre ci aggiorneremo per eventuali sit-in in base alle reazioni istituzionali», ha spiegato Sergio D’Ascenzo, «non si può rimanere inermi davanti a questa folle discrasia fra la presa di posizione politica e la burocrazia dei funzionari che arena anche il migliore dei propositi o la più grave delle emergenze».

Chiara Di Giovannantonio

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