«Ex ospedaletto, pagati lavori non fatti» 

In aula le accuse di Finanza e di uno dei due direttori dei lavori: «Sui ponteggi liquidato più del dovuto». Asl parte civile

TERAMO. Nel capitolo tutto teramano della maxi inchiesta Castrum, quella su un presunto giro di appalti e mazzette a Giulianova, i lavori per la messa in sicurezza del fatiscente ex ospedaletto di corso Porta Romana scandiscono i tempi della lunga udienza di ieri. Con l’accusa della Procura a legare quasi nove ore di audizioni: l’impresa Scarafoni a cui erano stati affidati i lavori avrebbe percepito più del dovuto con i due stati di avanzamento liquidati dalla Asl (che in questo procedimento è parte civile). L’inchiesta racconta come tra un’intercettazione e l’altra pm e Fiamme Gialle siano finiti a Carmine Zippilli funzionario dell’ufficio tecnico dell’Asl e uno dei due direttori dei lavori dell’ex ospedaletto oggi a processo insieme ad altri 11 imputati tra cui il dirigente comunale di Giulianova Maria Angela Mastropietro. La Procura (pm Andrea De Feis e Luca Sciarretta) sostiene che Zippilli, in cambio dell'installazione di un impianto fotovoltaico sul tetto della sua abitazione, avrebbe accelerato l'autorizzazione all'avanzamento dei lavori di messa in sicurezza del vecchio ospedaletto a favore degli imprenditori Andrea e Massimiliano Scarafoni, altri imputati del processo Castrum.
Dopo quasi tre ore di audizione del luogotenente Enzo Piliego del nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza provinciale (che con puntualità ha ricostruito la complessa indagine delegata), è stata la testimonianza di Mario Sacchini, ingegnere libero professionista che all’epoca si era aggiudicato la gara indetta dall’Asl per la direzione lavoro nell’ambito della messa in sicurezza dell’ex ospedaletto, a mettere un importante punto fermo dichiarando, tra l’altro, all’inizio dell’audizione di essere stato interpellato telefonicamente qualche giorno prima dell’udienza dallo stesso Zippilli per un incontro: «Gli ho detto che non ritenevo fosse opportuno». Nel merito della ricostruzione dei fatti Sacchini, con chiarezza e determinazione, ha ricostruito vari passaggi soffermandosi su più punti: « All’epoca ho precisato all’architetto Zippilli che per me rappresentava la Asl che per quanto riguarda i lavori del primo stato di avanzamento sui ponteggi era stato liquidato più del dovuto e che per quanto riguarda il secondo stato di avanzamento c’erano delle lavorazioni che non ritenevo dovessero essere liquidate». Sacchini, in aula come teste, ha aggiunto: «L’impresa dei fratelli Scarafoni non era competente per fare lavori di questo genere che comunque andavano a rilento. Ci sono stati dei danneggiamenti della volta con cui ho parlato con Zippilli e che l’impresa ha poi riparato». L’ex ospedaletto ha un vincolo della Soprintendenza e proprio in funzione di questo per le imprese che partecipano alle gare viene richiesta una certificazione particolare. Certificazione che, è emerso nel corso delle indagini ed è stato ribadito nel corso dell’udienza di ieri, la ditta Scarafoni all’epoca non aveva. Da precisare che, quando il progetto per la messa in sicurezza dell’edificio di corso Porta Romana venne predisposto dai tecnici della Asl, questo vincolo non era stato preso in considerazione. Solo successivamente c’è stato un carteggio tra vertici Asl e Soprintendenza con quest’ultimo ente a ribadire l’esistenza del vincolo. Dopo l’indagine giudiziaria la Asl ha rescisso il contratto di appalto con l’impresa Scarafoni.
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