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Giulia, la Procura chiede l’archiviazione

Indagini chiuse dopo 18 mesi per la ragazza precipitata sull’A14: nell’inchiesta tre indagati per istigazione al suicidio

TORTORETO. Intercettazioni, consulenze, esami del Ris, testimonianze e tabulati telefonici: cinque faldoni racchiudono la richiesta di archiviazione per il caso di Giulia Di Sabatino, la 19enne con il sogno di Londra precipitata da un viadotto dell’autostrada A14 nel giorno del suo compleanno e dilaniata dalle auto. A 18 mesi da quella drammatica alba del primo settembre del 2015 i pm Davide Rosati e Enrica Medori hanno firmato la richiesta d’archiviazione per i tre indagati per istigazione al suicidio. Si tratta del 25enne finito nelle cronache come l’uomo della Panda rossa, l’ultimo ad aver visto la ragazza viva e ad aver avuto un rapporto sessuale con lei quella notte; dell’uomo con lo scooter che quella sera le diede un passaggio per un tratto di strada e del ragazzo nel cui telefonino sono state trovate immagini osè della 19enne (quest’ultimo resta indagato per pedopornografia nell’inchiesta aperta dalla distrettuale antimafia dell’Aquila competente per il tipo di reato). Per gli inquirenti, dunque, non c’è stata nessuna istigazione al suicidio.

IL RAGAZZO DELLA PANDA. A puntellare la richiesta della Procura sembrano siano stati soprattutto i riscontri arrivati dai tabulati telefonici e dalle celle telefoniche fatti dai consulenti che confermano la versione del ragazzo della Panda rossa, un 25enne di Mosciano, sul prima e sul dopo di quella sera. «Quella sera l’ho vista per la prima volta e mi sono fermato con la macchina», ha raccontato nell’interrogatorio davanti ai pm, «abbiamo cominciato a parlare di tutto e dopo qualche tempo abbiamo deciso di andare a casa mia per stare insieme. Per questo ho mandato un sms a mia sorella dicendo che stavo tornando con una persona». I tabulati telefonici passati al setaccio dai consulenti della procura hanno escluso ogni contatto tra i due, ogni conoscenza precedente all’incontro di quella sera, l’ultimo nella vita di Giulia. «Io non la conoscevo e quella sera l’ho vista per la prima volta» ha sempre detto il giovane. A ribadirlo, secondo investigatori e inquirenti, il fatto che sul telefonino della ragazza non sia stato trovato nessun contatto con il giovane. Solo quel messaggio inviato il giorno dopo l’incontro, quello in cui lui la saluta con quel “buongiorno fiorellino” che Giulia non leggerà mai.

L’INCHIESTA BIS. Ma il telefono e il computer di Giulia hanno svelato altro. In particolare dall’esame dell’apparecchio, e dalle telefonate in uscita, i tecnici hanno accertato la presenza di foto osè di giovanissime tra cui anche Giulia, immagini di quando al ragazza era ancora minorenne. La Procura teramana all’epoca della scoperta ha inviato gli atti alla Procura distrettuale dell’Aquila (competente per questo genere di reati) e il pubblico ministero David Mancini ha aperto il fascicolo ipotizzando a carico dell’uomo intestatario dell’apparecchio a cui sono state inviate le foto il reato di pedopornografia. Indagine che è ancora in corso.

GLI AVVOCATI. Dice l’avvocato Antonio Di Gaspare, che rappresenta i genitori di Giulia e che già da ora annuncia opposizione alla richiesta archiviazione: «Da una prima visione molto sommaria degli atti che ora sono a disposizione restano ancora tanti aspetti da chiarire. Per noi si rafforza la certezza che la ragazza non si sia suicidata e per fugare ogni dubbio andremo fino in fondo. Finalmente con la richiesta d’archiviazione abbiamo tutti gli atti a disposizione, ma in tutta questa documentazione non si dà una spiegazione del perchè Giulia avrebbe dovuto compiere quel gesto». Così, invece, commenta l’avvocato Ernesto Picciuto, difensore del giovane della Panda Rossa: «Sin dall’inizio abbiamo confidato nel lavoro dei magistrati inquirenti poichè a seguito di tutti gli accertamenti tecnici non era emerso nulla di rilevante a carico del mio assistito». L’ultima parola ora spetta al gip.

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