Gli studenti non fanno sconti ad Ayala

Domande scomode dei ragazzi all’ex pm antimafia. E il giudice Manfredi dice alla platea: siete voi l’unica speranza

TERAMO. Giuseppe Ayala incontra gli studenti teramani all'indomani di quello che sarebbe stato il 71° compleanno del giudice Paolo Borsellino e trova una platea di ragazzi dall'intelligenza viva e che non fa sconti. L'ex magistrato del pool antimafia di Palermo, ora in pensione, collega dei giudici assassinati, da Cosa Nostra e non solo, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ha trascorso l'intera mattinata di ieri con i ragazzi dell'istituto “Delfico-Montauti”; ha preso parte all'iniziativa "Di Ke giustizia sei!", un ciclo di appuntamenti, fra lettura di testi e incontri con ospiti, per riflettere sul significato della parola Giustizia. Quella di Ayala è ormai una missione di memoria, da anni visita le scuole del Paese con la volontà di restituire alle nuove generazioni la storia non deturpata del pool di Palermo, come lui stesso ha spiegato. Ieri mattina ha ricordato i colleghi scomparsi e delineato il ritratto della nuova mafia, pericolosa perchè costituita da burocrati.

Con lui il magistrato Aldo Manfredi, suo collega alla Corte d’appello dell’Aquila dove il pm ha trascorso gli ultimi anni di attività da magistrato al termine della parentesi politica. L'intervento del giudice è stato appassionato ed appassionante. «Viviamo un momento difficilissimo non tanto per la crisi economica ma per il degrado etico e morale», ha esordito Manfredi. «E voi siete l'unica speranza: o lo salvate voi il mondo o non si salva. E' vero -ha continuato -che siete una generazione sfortunata, bombardata da disvalori e scemenze, perchè vi vogliono sudditi e non cittadini. Per questo lo studio e la formazione sono fondamentali».

Poi la parola ad Ayala, non nuovo alla città, che è partito da alcune riflessioni sul libro “Chi ha paura muore ogni giorno. I miei anni con Falcone e Borsellino”. «Ho voluto raccontare una storia di uomini, non di eroi», ha esordito. Quindi la valanga di domande degli studenti. Qualcuno ha ricordato le accuse di Salvatore Borsellino, che ha tacciato l’ex pm di mercificare la morte del fratello con il libro e la trasposizione teatrale. Poi quelle di più stretta attualità: alla luce della sua esperienza è giusto che un magistrato scenda in politica? Cosa pensa delle polemiche nate tra la procura di Palermo e il Quirinale? «Passiamo a cose più serie, ha tagliato corto l'ex magistrato, rispondendo alla prima domanda e ricordando il rapporto di stima e affetto che lo lega a protagonisti di quel periodo come Maria Falcone, Alfredo Morvillo e Nino Caponnetto. «I giudici possono scendere in politica, -ha quindi proseguito, -la Costituzione lo permette, dovrebbero prendere solo alcune cautele, io stesse le ho prese e, quando mi sono candidato, da un pezzo non indossavo più la toga. Dovrebbero fermarsi sei mesi prima dello scioglimento di un governo -ha spiegato - ma come si fa a prevederlo? Il problema maggiore credo sia come rientrare in magistratura al termine dell'attività politica: io l'ho fatto scegliendo un posto che non fosse sotto i riflettori e decidendo di lavorare all'interno di un collegio, mai più da solo. Ma non è più grave che a candidarsi siano i mascalzoni?», ha aggiunto. E sull'ultima: «E' vero che non c'è una norma chiarissima in proposito, ma i 15 giudici della Corte Costituzionale hanno dato una risposta unanime. Rimane legittimo - ha concluso - interrogarsi se nel terzo millennio abbia senso che il Presidente della Repubblica mantenga questa straordinaria immunità».

Emanuela Michini

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