Inagibile il palazzo degli uffici comunali 

Ordinanza di sgombero per l’edificio che ospita i settori lavori pubblici e tributi. Anche i negozi dovranno essere spostati

TERAMO. L’ennesimo, durissimo colpo al cuore della città. È arrivato nella serata di ieri con la firma da parte del sindaco Gianguido D’Alberto dell’ordinanza di sgombero dell’edificio di fronte al vescovado. L’immobile, che porta il nome quasi del tutto sconosciuto in città di “palazzo Pompetti”, oltre che su piazza Martiri affaccia su corso San Giorgio, via Costantini e via Capuani. Si tratta insomma l’edificio fulcro del centro storico. Ospita gli uffici tecnici e tributari dell’amministrazione cittadina, con due assessori e 53 dipendenti, ma anche importanti attività commerciali al pianterreno, oltre ad appartamenti, studi privati e sedi di associazioni. «È una mazzata per tutti», commenta il sindaco subito dopo aver firmato il provvedimento che dispone lo sgombero immediato del palazzo, «ma non ho potuto fare altrimenti». L’ordinanza si basa sulle risultanze di una scheda Aedes stilata dai tecnici della Protezione civile a seguito di sopralluoghi tenuti nei giorni scorsi e tesi ad accertare l’esistenza di lesioni gravi collegate ai terremoti susseguitisi tra fine 2016 e inizio 2017. A richiedere la verifica, destinata ad approfondire gli accertamenti avviati subito dopo lo sciame sismico, sarebbero stati alcuni proprietari degli appartamenti ospitati all’interno del grande immobile.
Dai riscontri tecnici è dunque emerso che la struttura ha lesione che rendono l’edificio inutilizzabile. I tecnici lo hanno infatti classificato come E, certificando l’esistenza di danni gravi, e di conseguenza il sindaco ha dovuto emettere il provvedimento di sgombero. Il responso e la procedura adottata, però, suscitato le perplessità del primo cittadino. «Per due anni, in base alle prime verifiche, l’edificio è rimasto agibile», fa notare, «mentre adesso è considerato di categoria E». I controlli fatti nella fase immediatamente successiva alle scosse più forti furono differenziati. «Quelli sulla parte pubblica dell’immobile vennero separati dal resto», ricorda D’Alberto, «e si conclusero con l’indicazione di lavori che hanno consentito di tenere aperti gli uffici». Nella nuova verifica è stata adottata una metodologia diversa. «Il controllo è stato unitario, sull’immobile in blocco», precisa il primo cittadino, «per cui l’esito di inagibilità lo ha riguardato tutto». Gli uffici, compresi quelli che gestiscono la ricostruzione, andranno trasferiti. «È un grave colpo perché parliamo di settori, come quello tecnico, che gestiscono interventi nevralgici e fondi pubblici per l’impiego dei quali chiederemo sicuramente una deroga», annuncia D’Alberto. L’obiettivo è comunque «non interrompere o limitare al minimo il blocco dell’attività amministrativa». Per questo sindaco e tecnici dell’ente hanno subito iniziato la ricerca di altre strutture in cui ricollocare dipendenti e uffici sgomberati. Nel tardo pomeriggio sono stati avviati i contatti con la Provincia, per gli edifici di sua proprietà in piazza Garibaldi e in piazza Martiri Pennesi, e con la curia, che dispone di altri locali in centro. «Vogliamo far restare gli uffici nel cuore della città», osserva D’Alberto che chiederà approfondimenti anche su palazzo Pompetti, «ma ci sono molti fattori da valutare, a partire dai costi». L’ordine improvviso di chiusura ha scatenato la reazione dei titolari delle attività commerciali. Secondo loro il provvedimento è stato assunto in tempi troppo celeri. Sarebbe stato più opportuna riflessione anche a seguito della comunicazione dell’esito della verifca prima di emettere l’ordinanza. Nella tarda serata di ieri i commercianti hanno avuto un lungo confronto con il sindaco per tentare una mediazione.
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