Insulta la suocera su Facebook: condannato 

Tre mesi a un teramano accusato di aver diffamato sui social la madre della sua ex compagna

TERAMO. La diffamazione corre velocissima sui social e sempre più spesso approda nelle aule di tribunale. Come nel caso di un teramano condannato a tre mesi per aver diffamato ex moglie e suocera definendo quest’ultima: «Vecchia bagascia priva di qualsiasi principio e di morale».
La sentenza di condanna è stata emessa dal giudice onorario Enrico Pompei al termine di una lunga istruttoria dibattimentale nel corso della quale sono stati ascoltati numerosi testi. L’uomo, un teramano di 50 anni, oltre che di diffamazione nei confronti di ex moglie e suocera, è accusato anche di stalking e minacce di morte nei confronti della ex.
Secondo l’accusa sostenuta dala Procura l’uomo avrebbe postato sul suo profilo Facebook, con tanto di nomi, particolari riguardanti una storia sentimentale della sua ex scrivendo che la suocera sapeva della relazione della figlia «coperta», si legge nel capo d’imputazione, « per farla partire in vacanza con lui tenendole i figli. Ora tutti sapete che mia suocera è una vecchia bagascia priva di qualsiasi principio o morale». L’uomo è stato condannato per diffamazione aggravata. Perché la diffamazione ai tempi di Facebook è qualcosa che cambia nella forma ma non nella sostanza. Almeno quella del codice penale così, come, negli ultimi tempi ha più volte sancito la Cassazione. La tutela della reputazione in rete, infatti, è garantita da una serie di sentenze della Suprema Corte intervenute proprio a configurare giuridicamente la realtà del web. La Cassazione, proprio con un recente pronunciamento sull’argomento, ha stabilito che: «Il reato di diffamazione non richiede il dolo specifico, essendo sufficiente ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo della fattispecie la consapevolezza di pronunciare una frase lesiva dell’altrui reputazione e la volontà che la frase venga a conoscenza di più persone, anche soltanto due».
Ed è evidente che attraverso Facebook di fatto si condividono parole con più persone. Hanno scritto a questo proposito i giudici della quinta sezione: «La diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso della bacheca Facebook integra un’ipotesi di diffamazione aggravata poichè ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone».(d.p.)
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