La Provincia: «Diteci se l’acqua è sicura» 

Di Bonaventura scrive e ministero, Infn, Regione e Ruzzo per capire a che punto sono le opere per tutelare la falda

TERAMO. Di Bonaventura vuole certezze sulla messa in sicurezza dell’acquifero del Gran Sasso. Il presidente della Provincia ieri ha scritto ai ministeri competenti, all’Istituto di fisica nucleare, alle Regioni Abruzzo e Lazio, agli enti locali, al Ruzzo, a tutti gli organismi coinvolti e per conoscenza anche alla Procura della Repubblica. «Dopo oltre 15 anni di incertezza, ben due sequestri e situazioni inconcepibili che vengono reiterate non trovando le opportune soluzione abbiamo bisogno di risposte chiare», esordisce il presidente.
Intanto Di Bonaventura chiede di sapere se nel piano economico finanziario (Pef) per le autostrade A24 e A25 (circa 3 miliardi di euro) siano previsti capitoli di spesa per la protezione degli acquedotti e dell’acquifero; se l’Infn ha prodotto il piano per l’allontanamento delle sostanze pericolose; se il governo ha previsto un intervento finanziario per la messa in sicurezza del laboratori e, infine, pone la questione dei «cento litri d’acqua che vengono messi a scarico per evitare fonti di inquinamento.
Osserva che «la Provincia, storicamente impegnata in battaglie di salvaguardia di un patrimonio ineguagliabile segue con grande preoccupazione quanto sta accadendo: bisogna difendere gli interessi dei cittadini e del territorio e anche quelli del Ruzzo che finisce per essere parte lesa in un sistema dove non può determinare elementi fondamentali».
Scendendo nel dettaglio, il nuovo Pef di A24 e A25 «dovrebbe affrontare la questione della sicurezza del sistema Gran Sasso, anche sotto gli aspetti della protezione degli acquedotti e in generale dell'acquifero. Ovviamente non tutte le opere necessarie alla messa in sicurezza possono essere inserite nel Pef (ad esempio il sistema di tubazioni) ma molti lavori dovrebbero rientrarvi se per la messa in sicurezza è necessario intervenire sull'assetto strutturale autostradale». Per l’allontanamento delle sostanze pericolose e la perimetrazione delle aree di salvaguardia per le acque destinati al consumo idropotabile lo scorso 25 giugno la Regione nel tavolo tecnico sul Gran Sasso aveva chiesto all'Infn di produrre un piano con relativo cronoprogramma per l'allontanamento delle sostanze pericolose (trimetilbenzene e acqua ragia). «Inoltre anche l'inchiesta della Procura ha evidenziato l'incompatibilità di tali stoccaggi di sostanze con la sicurezza degli acquedotti e anche della stessa falda che, in caso di nuovo e più grave incidente, andrebbe a contaminare l'intero acquifero con ripercussioni per centinaia di migliaia di cittadini. Poiché è del tutto evidente che i materiali di cui sopra sono facilmente amovibili essendo liquidi stoccati in serbatoi che possono essere svuotati con l'allontanamento con cisterne è ineludibile il loro l'allontanamento».
Il presidente chiede poi lo stato dei finanziamenti per gli interventi su acquedotti e laboratori. Comunque parte delle somme «deve essere reperita in sede statale, viste le competenze in materia». E infine i cento litri al secondo di acqua del Gran Sasso messi a scarico con « grandi problemi di approvvigionamento e altri oneri per la Ruzzo Reti costretta a ricorrere a un costoso potabilizzatore che preleva dal Vomano, con acque sicuramente di minore qualità rispetto a quelle sorgive. Situazione che sarebbe ancor più inaccettabile se si dovesse cercare altre fonti di approvvigionamento determinando potenziali danni ad un territorio protetto come quello del parco Nazionale del Gran Sasso-Laga, a parte le ovvie difficoltà normative derivanti dai vincoli di cui alla legge 394/1991. Su questo aspetto deve essere data una risposta certa al territorio in termini di ripresa della captazione e di ristoro dei danni subiti».
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