Lo prende a botte e a cinghiate, il giudice: è omofobia 

Teramano condannato a otto mesi per aver aggredito e insultato un giovane incontrato in un locale della città

TERAMO. Le leggi servono a definire un confine, non solo penalmente, ma anche moralmente e culturalmente invalicabile. E anche se non sempre bastano, danno strumenti efficaci per cambiare senza perdere tempo. Lo mette nero su bianco il giudice onorario Carla Fazzini nelle motivazioni della sentenza con cui ieri ha condannato ad otto mesi un teramano accusato di lesioni volontarie aggravate per aver preso a cinghiate un giovane e insultato con «Brutto frocio di merda ti ammazzo».
Scrive il magistrato seguendo i tanti pronunciamenti della Cassazione: «L’atteggiamento violento ed aggressivo dell’imputato è stato ispirato proprio da una condotta persecutoria nei confronti di una persona omosessuale che è titolare di esigenze e portatrice di diritti oltre che di una propria dignità personale al pari dei soggetti eterosessuali». E rimarca: «La condotta dell’imputato appare altresì riprovevole considerando che, nel 2018, questo tribunale è costretto ancora a dover giudicare e contrastare comportamenti omofobi o transofobi, nonostante l’epoca considerata innovativa»
I fatti finiti un un’aula di giustizia risalgono al 2014 quando i due si incrociano all’interno di un locale cittadino. La parte offesa, che quella sera indossa parrucca e tacchi, racconta che alla richiesta di poter passare l’altro gli risponde con insulti omofobi. Poi lo segue all’esterno del locale e vicino al parcheggio, in prossimità di un vicolo chiuso, lo prende a cinghiate colpendolo con la fibbia e procurandogli lesioni con una lesione di 7 giorni. L’imputato si difende invocando una legittima difesa dopo che, sostiene, l’altro avrebbe tentato di baciarlo. Scrive il giudice: «L’imputato esternava manifestazioni di omofobia che andavano a ledere i diritti e la dignità delle persone sulla base del loro orientamento sessuale: rientrano in questa definizione le discriminazioni in ogni ambito e, soprattutto, gli atti di violenza fisica, verbale e psicologica (insulti, percossi e lesioni). L’atteggiamento del prevenuto, pertanto, risulta agli occhi di questo tribunale discriminatorio, ben evidenziato da un insieme di sentimenti, pensieri e comportamenti avversi». E circostanzia: «Tale impostazione consente a questo tribunale di rigettare il tentativo della difesa di far apparire il comportamento dell’imputato quale legittima difesa “giustificata” dal tentativo della parte offesa di molestare sessualmente il prevenuto. La difesa non ha dimostrato tale circostanza, basandosi solo su una contestazione in merito derivante dalla lettura della denuncia querela della parte offesa. Anche a voler ammettere che vi sia stato il tentativo di un bacio da parte della parte offesa verso il prevenuto tale circostanza, si ripete solo dedotta e mai dimostrata, non vale da sola a giustificare la violenza e le espressioni usate dall’imputato con l’intento di offendere, esprimendo una gratuita riprovazione per le tendenze omosessuali e per la dignità personale della parte offesa».
Negata ogni attenuante generica «stante la violenza gratuita che ha dovuto subire la parte offesa e l’atteggiamento discriminatorio che ha accompagnato la condotta dell’imputato».
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