Mette le telecamere nel cortile Il garante della privacy: può farlo

Respinto il ricorso dei vicini di casa di un teramano, che devono passare nell’area e vengono ripresi Per l’autorità la videosorveglianza è lecita se i dati non vengono diffusi a terzi né tenuti in archivio

TERAMO. Luogo: villette a schiera in un quartiere residenziale di Teramo. Protagonisti: alcuni componenti di due famiglie che vivono l’una accanto all’altra in quelle villette. Premessa: rapporti di pessimo vicinato che sfociano in gesti vandalici e in ripicche da parte di una famiglia ai danni dell’altra, che per questo installa nella corte davanti alla propria abitazione (dove i vicini devono per forza passare per accedere alla propria abitazione) un sistema di videosorveglianza. Sarebbe un film già visto, compresi i procedimenti penali che scaturiscono da liti e ripicche, se a un certo punto una delle due parti – ovviamente quella che viene filmata dalle telecamere del vicino – non decidesse di ricorrere al Garante per la protezione dei dati personali, autorità dello Stato con sede a Roma. Il ricorrente, si legge nel provvedimento del Garante, ha chiesto «la conferma e la comunicazione dei dati che lo riguardano, di conoscere l’origine dei dati stessi, le finalità, le modalità e la logica del trattamento nonché i soggetti cui i dati possono essere comunicati». In sostanza: ha tentato di stoppare quell’attività di videosorveglianza. Motivo? In uno dei procedimenti penali tuttora pendenti tra i due, alcune immagini di quelle telecamere erano state prodotte dal vicino per dimostrare che certe accuse del ricorrente erano false.

Ebbene: il Garante (presidente Antonello Soro, vice presidente Augusta Iannini) ha giudicato il ricorso inammissibile. Perché? In sostanza perché «non risulta, dalla documentazione in atti, che il trattamento dei dati personali abbia riguardato dati personali del ricorrente destinati a una comunicazione sistematica o alla diffusione (tale non essendo il deposito delle immagini nei procedimenti giudiziari pendenti o intercorsi fra le parti) e non sia, quindi, soggetto all’ambito applicativo del medesimo codice». Così si legge nel provvedimento. Per ottenere questa decisione favorevole il titolare dell’impianto di videosorveglianza, tramite il suo avvocato Tommaso Navarra, ha attestato che «le immagini, registrate su disco rigido sito all’interno del sistema, vengono archiviate e automaticamente cancellate dopo 24 ore, salvo che non si renda necessario fornirle all’autorità giudiziaria qualora siano stati ripresi comportamenti illeciti»; e inoltre che «le telecamere riprendono esclusivamente l’area di proprietà del resistente, senza registrazioni audio» e che «il resistente ha precisato di essere l’unico ad accedere ai dati». E ancora: «il sistema di videosorveglianza in questione non è accessibile “in remoto” e le immagini registrate non sono oggetto di comunicazione sistematica o diffusione».

Insomma, il succo è: posso filmare i miei vicini che hanno diritto di passaggio sulla corte antistante la mia proprietà, purché non diffonda quelle immagini a terzi e non le conservi a lungo. L’avvocato Navarra commenta così il provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali: «Viene affermato il principio fondamentale per il quale si possono documentare in videosorveglianza le condotte di terzi a tutela propria e dei propri beni». E, infatti, una di quelle riprese potrà essere utile al suo cliente per vincere una causa penale sul vicino.

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