la polemica 

«Noi talebani? Il sindaco si scusi» 

Pavone replica a Di Girolamo dopo l’accusa al gruppo “Roseto al Centro”

ROSETO. «Ora attendiamo le sue scuse, la netta presa di posizione e la condanna dei gruppi consiliari di maggioranza contro questo atteggiamento intimidatorio». A dirlo è il consigliere comunale d’opposizione Enio Pavone in merito all’affermazione del sindaco Sabatino Di Girolamo che ha definito i rappresentanti del movimento “Roseto al Centro” come «talebani». A innescare la reazione del primo cittadino è stato l’intervento di Pavone nel corso dell’ultimo consiglio comunale mentre stava spiegando le ragioni dell’uscita dalla commissione pari opportunità di due componenti di “Roseto al Centro”, ovvero Gerolama Mummolo e Alessia Di Giuseppe, dovuta, secondo Pavone, «ad una gestione autocratica e ad una totale paralisi dell’attività tipica della stessa». Mercoledì sera si è riunito il direttivo del movimento politico per parlare, principalmente, dell’episodio. «Di Girolamo si è permesso di definire i componenti del movimento “un gruppo di talebani” offendendo pesantemente Genny Mummolo», dice Pavone, «accompagnando il tutto con una eloquente gestualità sulla quale non possiamo sorvolare, mentre Alessia Di Giuseppe è stata chiamata direttamente in causa dalla presidente del consiglio comunale, Teresa Ginoble, senza possibilità di replica». Pavone conosce da molti anni Mummolo e Di Giuseppe, le definisce serie e affidabili e non ha nessun dubbio sui fatti rappresentati dalle due in merito alla commissione pari opportunità. «Il sindaco questa volta si è veramente superato», spiegano i due consiglieri Pavone e Di Marco, «senza nessuna motivazione ha duramente e personalmente attaccato l’ex vice sindaco Maristella Urbini. Appare invece evidente la mancanza di rispetto del primo cittadino nel suo ruolo istituzionale, con l’utilizzo del mezzo pubblico e senza possibilità di contraddittorio nei confronti dei componenti di “Roseto al Centro”, in particolare delle figure femminili, duramente attaccate con parole indegne per un primo cittadino. (l.v.)
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