Oreficeria chiusa da tre mesi per un errore della burocrazia 

Montorio, la questura diffida una ditta che non esiste dal 2013 e impone di cessare l’attività di vendita De Angelis: «Danno enorme, ora spero nel ricorso al Tar». Robin Hood si appella al difensore civico 

MONTORIO. E’ una storia intricata come solo la burocrazia può riuscire a creare. E che per ora ha avuto l’effetto di far chiudere una delle poche attività commerciali rimaste a Montorio, l’oreficeria Gioielli Monsaureus di Maurizio De Angelis e di suo padre.
Tutto nasce da un’innocente decisione, quella di cambiare per motivi fiscali, la ragione sociale dell’oreficeria di corso Valentini, da ditta individuale a sas, cioè società in accomandita semplice. «È un’attività che c'è da più di 40 anni, avviata da mio padre», esordisce Maurizio De Angelis, «e come prevede la legge ho presentato il 25 giugno richiesta alla questura per l’autorizzazione alla vendita di preziosi, corredata da tutta la documentazione necessaria. La questura però mi invia una diffida a cessare l'attività di vendita di preziosi, il 27 giugno, perchè mancava la necessaria autorizzazione che mi dovevano mandare loro. Ma la diffida viene fatta non alla sas ma alla ditta individuale De Angelis Maurizio che non ho più dal 2013, che peraltro ha sede in un altro posto ed era per l'intermediazione commerciale di preziosi, non per la vendita». Il commerciante invia subito un messaggio di posta certificata a questura, carabinieri (che gli avevano notificato il provvedimento) e al Comune. Il risultato è che alla sas viene notificato prima un provvedimento di diffida e il 6 luglio di chiusura dell’attività. Inutili le proteste del commerciante, che fa notare che nel negozio si vendono anche orologi e bigiotteria, categorie merceologiche che non sono soggette ad autorizzazione della questura, per cui semmai ad essere bloccata deve essere solo la vendita di preziosi. «La beffa è che sono stato anche denunciato in base all’articolo 650 del codice penale non aver osservato l'ordine dell'autorità, perchè non avevo chiuso subito il negozio», osserva amaramente De Angelis. Tramite il proprio legale, Franco Patella, il commerciante presenta «il 9 luglio alla prefettura un ricorso gerarchico contro provvedimento della questura, chiedendo anche la sospensione in via cautelare, al quale ancora non abbiamo nessun risposta», spiega il legale, «Ad oggi non c’è l’autorizzazione a vendere i preziosi, noi abbiamo fatto anche l’accesso agli atti per sapere a che punto fosse la pratica: dal 12 luglio abbiamo avuto un carteggio con questura senza però nei fatti avere notizie».
De Angelis è stupefatto e anche amareggiato: «Dal 6 luglio dovuto chiudere. La cosa più frustrante è che nessuno mi dice che cosa devo fare per riaprire, ad esempio presentare questo o quel documento. L'unico segnale l’ho avuto un mese fa, quando mi hanno chiesto l'agibilità del negozio. Il danno economico è notevole, così come il danno di immagine. Sono in presidente dell’associazione commercianti e mi chiudono il negozio. E poi il paese è piccolo, le persone vedono i carabinieri che entrano ed escono e si fanno idee sbagliate. Ora sono in balia della burocrazia». L’avvocato Patella sta preparando un ricorso al Tar con un'azione di risarcimento danni: «Ci chiediamo quanto tempo ci vuole a rilasciare un’autorizzazione, peraltro in una zona terremotata in cui gravi eventi hanno decimato le attività commerciali. E ora ci si mette pure la burocrazia».
L’orefice si è rivolto all’associazione per la difesa dei consumatori “Robin Hood”. «Questa storia è l’esempio di una burocrazia sorda e cieca», commenta il presidente Pasquale Di Ferdinando, «Sorda perchè non sente le ragioni di un cittadino e cieca perchè non vede quello che è evidente. Quando si tratta di apparati burocratici c'è un atteggiamento autoreferenziale per cui non si rimedia a un errore anche se esiste una normativa prevista dal legislatore che è il procedimento in autotutela e che consente al pubblico ufficiale che ha commesso l'errore di modificarlo. Rileviamo anche un atteggiamento da Ponzio Pilato: se un atto è stato fatto da un altro ente non si pone rimedio in alcun modo. Il risultato è che il cittadino subisce e ha poca voce. Per fortuna la situazione non è generale e ci sono anche tanti altri casi positivi. Ci vuole un rapporto diverso e nuovo fra pubblica amministrazione e cittadino, ma spesso viene creato un muro di gomma». “Robin Hood” presenterà ricorso al difensore civico.
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