“Pietra d’inciampo” per ricordare Pepe

L’artista tedesco Demnig rende omaggio al tenente teramano morto in un campo di sterminio

TERAMO. L’arte rende omaggio a uno degli eroi teramani. Oggi alle 12 l'artista tedesco Gunter Demnig, sistemerà in via Cavour una pietra alla memoria dei deportati nei campi di sterminio nazisti. Demnig a Teramo ricorda Alberto Pepe, tenente dell’esercito italiano morto in un campo di sterminio nazista il 4 aprile 1945. E lo farà davanti a quella che fu la sua abitazione incorporando a terra un blocco in pietra con una piastra in ottone con il nome della vittima. Queste mini installazioni, chiamate “pietre d’inciampo” sono ormai 50mila in tutta Europa.

E non c’era miglior esempio di coraggio e lealtà verso la patria di quello consegnato alla storia, a dire il vero finora poco conosciuta, da Pepe. Morì a 34 anni nel campo di sterminio di Unterluss. «Era un internato militare italiano, di quelli che dopo l'8 settembre furono fatti prigionieri dai nazisti», ricorda il nipote, Alberto Melarangelo, «era un tenente e aveva il suo corpo di soldati a Dubrovnik. Era molto legato ai valori della patria, al senso dello Stato, essendo discendente di militari e invece di “imboscarsi” dopo il 25 luglio decise di tornare in Croazia dai suoi soldati. Lì furono fatti prigionieri e portati tutti nei campi in Germania. Chi aderiva alla Repubblica sociale veniva liberato, ma bisognava collaborare con il nazismo: solo 1% aderì, il resto fece una resistenza fuori dai confini. Fece due anni di detenzione nei vari campi dove incontrò tanti teramani, fra cui Carino Gambacorta, che quando divenne sindaco fece intitolare una via alla sua memoria. Nel campo di Wietzendorf i nazisti decisero di fucilare nel gennaio del 1945 20 soldati semplici italiani. Per evitarlo si fecero avanti 44 ufficiali fra cui mio nonno e il teramano Vittorio Boccabella. I 44 non vennero fucilati ma portati in un campo di sterminio: lì rimasero due mesi, torturati e ridotti alla fame. Morirono in 6 per gli stenti – venivano nutriti con bucce di patate – e le conseguenze delle botte, fra cui mio nonno. Pochi giorni dopo i prigionieri vennero liberati dagli inglesi».Il sacrificio dei 44 ufficiali è uno dei principali episodi della Resistenza italiana all’estero.

Pagine di storia che sono venute alla luce compiutamente da poco più di un anno: i discendenti degli ufficiali hanno deciso di mettere in piedi iniziative per onorare il grande atto di coraggio. A dare testimonianza diretta è ancora l’unico rimasto in vita, Michele Montagnano. A Pepe, e agli altri 5 ufficiali morti, è stata conferita la medaglia d'argento al valor militare dal presidente della Repubblica, a fine anni 50 e a giugno scorso la medaglia d’onore alla memoria.

Grande storia di patriottismo, quella di Pepe. «Un atto di eroismo che ha causato la mutilazione di una famiglia (lasciò la moglie Rosina e la figlia in fasce Anna, ndr)», riprende Melarangelo, «ma che è un momento fondativo della Repubblica italiana; non si tratta di niente di politico, ma di adesione ai valori della patria. Sono vicende di grandissimo valore educativo, esemplari: bisogna parlarne anche per ridare fiducia e coraggio ai giovani». Oggi alle 12 in via Cavour saranno presenti il genero di Pepe, Sandro Melarangelo e i nipoti diretti Alberto e Marino. Accanto a loro Gianni, il figlio dell’altro teramano internato, Boccabella, che riportò il diario di Pepe alla vedova e che poi fu pubblicato in un libro. Presenti anche l’associazione partigiani e per il Comune, l’assessore Cozzi. (a.f.)

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