Punto nascita, la chiusura è legittima 

Atri, il Consiglio di Stato mette fine alle polemiche e respinge il ricorso del Comune contro la decisione della Asl

ATRI. La chiusura del punto nascita di Atri non è stata illegittima. Il Consiglio di Stato ha probabilmente messo la parola fine alla lunga battaglia, condotta nelle piazza prima e nelle aule di giustizia poi, contro la chiusura del reparto di ostetrica e ginecologia del San Liberatore. Il ricorso è stato presentato dal Comune di Atri e si è associato poi Abruzzo civico.
Entrambi chiedevano la riforma della sentenza del Tar dell’Aquila, favorevole alla decisione della Regione e della Asl. La chiusura del reparto è avvenuta il 1° novembre 2015 e il 5 gennaio 2016 il Tar ha respinto il ricorso. Ora l’appello sostanzialmente sposa l’orientamento del primo grado.
«Il Comune appellante», si legge nella sentenza, «sostiene in primo luogo che erroneamente il presidente della regione Abruzzo, nella qualità di commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi del settore finanziario, nel prendere atto del documento tecnico licenziato dal Comitato percorso nascita regionale (Ppnr) ha incluso nell’elenco delle strutture da sopprimere il punto nascita relativo al presidio ospedaliero di Atri per mancato conseguimento del parametri minimo di 500 parti per anno nell’ultimo triennio. Sostiene al riguardo il Comune appellante che nell’anno 2014 tale parametro è stato superato; l’amministrazione avrebbe quindi erroneamente accertato il principale presupposto della propria decisione. L’argomentazione non può essere condivisa, essendo invece condivisibili le argomentazioni svolte nella sentenza appellata. Invero la determinazione commissariale oggetto del giudizio si basa – ragionevolmente – sulla rilevazione dei dati di un intero triennio, per cui le conclusioni cui è giunta non possono essere inficiate dai dati di un unico anno nel quale il parametro dei 500 parti per anno è stato superato di poche unità».
I giudici riuniti in camera di consiglio – presieduta da Marco Lipari – ritengono poi non rilevante l’altra argomentazione del Comune, secondo cui l’istruttoria avrebbe dovuto prendere in considerazione annualità più vicine, ricomprendendo anche il 2014, in quanto anche in questo caso questo anno resterebbe l’unico con più di 500 parti. I giudici respingono anche l’osservazione secondo cui la Regione non avrebbe messo in atto misure sufficienti per superare le difficoltà per i pazienti derivanti dalla soppressione.
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