Sit-in e candele per non dimenticare Piccioni

Roseto, gli amici ricordano il giovane morto dopo aver mangiato le alici con l'Anisakis

 ROSETO. A due mesi dalla morte di Giuseppe Piccioni, gli amici hanno dato vita, domenica scorsa, a un sit-in davanti alla sua tomba affinché non si spengano i riflettori su una vicenda che ha ancora molti lati oscuri. Candele in mano e dolore sui volti degli amici del 27enne di Roseto che nel luglio scorso mangiò alici marinate a cena in un ristorante di Francavilla. Poche ore dopo cominciò ad avvertire forti dolori addominali, tanto che al mattino successivo si fece accompagnare al pronto soccorso dell'ospedale di Atri dove è stato operato d'urgenza per un'appendicite.  Da questo momento per Giuseppe inizia una strada senza ritorno.  Il 21 luglio viene dichiarata la sua morte cerebrale. Nelle tre settimane successive rimane ricoverato in stato vegetativo nel reparto di rianimazione, vegliato giorno e notte dai genitori e dagli amici. Poi il suo cuore cessa di battere per sempre.  Il giovane, dunque, è deceduto senza mai riprendere conoscenza dal coma in cui era caduto a pochi giorni di distanza dall'aver accusato dei forti dolori addominali provocati (ora questo è certo) da "anisakis", un parassita presente nelle alici e che viene strocato solo con la cottura. Per questo sono indagati quattro medici dell'ospedale di Atri.  «Vogliamo la verità», dicono gli amici di Giuseppe, «vogliamo capire perché nel 2010 un ragazzo di 27 anni in piena salute possa morire per un semplice mal di pancia. Abbiamo paura, qualcuno deve fare qualcosa. Nessuno potrà mai ridarci Giuseppe, ma qualcuno dovrà pagare per avercelo tolto». (f.ce.)

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