Sparisce un altro negozio simbolo Dopo 48 anni oggi chiude Fefè 

Ultimo giorno della storica macelleria di viale Mazzini: «Lasciamo, Teramo col terremoto si è svuotata» I commercianti: «Bisogna riportare gente in centro, solo su corso San Giorgio ci sono 10 locali sfitti»

TERAMO. Sparisce una delle ultime testimonianze di una Teramo che ormai non c’è più. Della Teramo dello sviluppo urbanistico, della Teramo del fermento culturale.
Quello che oggi aprirà la serranda per l’ultima volta è un negozio in cui tutti, almeno una volta sono entrati. La macelleria Fefè ha aperto nel 1969 e da allora è sempre restata al suo posto, per i Tigli. Un punto di riferimento per tutto il centro storico. Ha subito una serie di ristrutturazioni, il bancone è cambiato in quanto ormai da tempo la macelleria, passata sotto la guida del figlio Fulvio anche se Fefè era sempre presente, non vendeva solo carne ma anche diversi generi alimentari.
Ma ora Fefè, che ha 78 anni, ha deciso di godersi il meritato riposo, e il figlio di andare a gestire il reparto macelleria per la grande distribuzione. «Stamattina mi sono alzato alle 5, è un lavoro duro», commenta Fefè Pecorale, «e io ho un’età avanzata. E comunque gestire oggi un’attività commerciale a Teramo è un problema. Da una parte ci sono i supermercati che sono spuntati dappertutto e che fanno grande concorrenza a negozi come il nostro. Dall’altra parte c’è stato l’effetto del terremoto: Teramo si è svuotata. E peraltro i negozi teramani non hanno nemmeno potuto usufruire di una reale esenzione fiscale, altrimenti sarebbe stato tutto diverso».
E così dopo 48 anni Fefè chiude. Fra un po’ sulle vetrine apparirà la scritta “Affittasi”. L’ennesima. Ormai non si contano più i negozi chiusi. Dario Sfoglia, storico commerciante teramano, ha contato dieci negozi chiusi soltanto lungo corso San Giorgio. «Avremo difficioltà a ripartire», esordisce, «a cadere così in basso ci abbiamo messo 6-7 anni, per risollevarci ce ne vorranno 20. E’ inoltre una città ferita, si vede dalle impalcature. Per il terremoto finora sono state fatte tante chiacchiere, ma nulla di concreto. Mi hanno detto che migliaia le persone che si sono spostate sulla costa, che siano tante me lo confermano i clienti che si sono trasferiti. Settembre è andato male, ottobre altrettanto, novembre è da paura. Se anche Natale va male, se adesso per il corso ci sono 10 negozi vuoti, se ne vedranno il doppio. E dire che non era mai successo che rimanessero negozi sfitti sul corso. Certo, il cantiere per la pavimentazione è stato deleterio. Ma almeno adesso torni a essere punto di aggregazione. Sotto l'aspetto sociale è una città quasi fantasma. Siamo con i palazzi in piedi ma la città è deserta».
Un altro commerciante storico, Giancarlo Da Rui, fa l’elenco dei negozi che hanno chiuso lungo corso San Giorgio, a partire da Tezenis, i cui locali, dopo mesi, sono ancora sfitti. «Per non parlare delle vie limitrofe: è una tragedia», osserva, «E' allarmante: la città si è desertificata. Cito ad esempio via Nicola Palma: c’erano 8 attività, ora è rimasto solo Posh. E’ il risultato di diversi fattori. Un po' le politiche che puntano sui centri commerciali, che noi abbiamo preso come centro di aggregazione. Da gennaio in poi c’è stato un ulteriore crollo di vendite col terremoto. Ma in generale è una città che ha perso l'appeal, la gente non ci viene a Teramo. Bisogna dunque riportare la gente in città. Speriamo che i giovani pensino a questo». Intanto pare che ci siano altri grandi marchi che stanno pensando di abbandonare corso San Giorgio.(a.f.)
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