il caso

Teramo, cade dalla bici e perde la milza: assolto il medico dell’ospedale

Dottoressa del pronto soccorso era stata condannata dal tribunale per il reato di lesioni colpose ma la Corte d’Appello ribalta la sentenza: «Diagnosi corretta, l’emorragia si è manifestata dopo»

TERAMO. Il tribunale di Teramo l’aveva riconosciuta colpevole del reato di lesioni colpose per non aver diagnosticato la rottura della milza a un ragazzo caduto dalla bicicletta. Una condanna lieve – 200 euro di multa– ma un caso che fece discutere. Per il tribunale – che nella sentenza si era dilungato sulla vasta giurisprudenza in materia – si trattava di un caso di scuola di colpa medica; lei, la dottoressa Isabella Tracanna, medico in servizio al pronto soccorso dell’ospedale Mazzini non ci stava a passare da capro espiatorio e affidò le sue riflessioni a un lungo sfogo sulla vicenda, pubblicato su queste colonne con il titolo «Non sono Dio, ma soltanto un medico».

Un medico che in realtà non sbagliò alcuna diagnosi: così hanno stabilito i giudici della corte d’appello dell’Aquila – alla quale la dottoressa, assistita dall’avvocato Tommaso Navarra, aveva fatto ricorso – che l’hanno assolta con la formula “il fatto non sussiste”. Secondo le accuse quando il ragazzo si presentò al pronto soccorso la dottoressa, dopo aver disposto esami radiologici, lo dimise senza accertare l’eventuale presenza di lesioni agli organi interni. Dopo poche ore le condizioni del ragazzo peggiorarono; tornato in ospedale gli fu diagnosticata la rottura della milza che gli venne asportata. La dottoressa tuttavia – come già aveva messo in evidenza nel primo processo il pm, che aveva chiesto l’assoluzione – aveva consigliato ai genitori di tenere il ragazzo al pronto soccorso sotto osservazione per alcune ore, ma gli stessi genitori decisero di riportarlo a casa. Il paziente accusava dolore alla parte sinistra del corpo, ma dagli esami radiografici risultò solo la frattura del polso. Il ragazzo, nel complesso stava bene, non aveva nessun sintomo che potesse far pensare alla rottura della milza tanto che – rilevano i giudici della corte (presidente Aldo Manfredi, consiglieri Luigi Cirillo e Armanda Servino ) – non accusava neanche dolore alla palpazione dell’addome. Solo in un secondo momento cominciò a sentirsi male, quando era a casa, e tornato in ospedale venne operato. Tuttavia, osserva ancora la corte, «la dottoressa aveva fatto tutto quanto le linee guida e l’esperienza imponevano», compreso il consiglio di tenere il ragazzo in osservazione.

«Va detto», aggiunge la sentenza, «che lo stato generale del paziente porta ad escludere che fosse già in atto l’emorragia», e neppure un’ecografia avrebbe rilevato la lesione che si sarebbe manifestata più avanti. Un quadro clinico che «non avrebbe indotto i sanitari nell’immediatezza a un intervento di asportazione, ma più semplicemente ad un atteggiamento di attesa con l’effettuazione dell’intervento nel momento del concreto peggioramento e, quindi, sostanzialmente in tempi non molto diversi rispetto a quanto poi accadde».

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