IL CASO

Teramo, calunnia: 16 mesi alla vigilessa che accusò il capo

Puntò il dito contro il comandante e un agente della polizia municipale accusandoli di presunte molestie sessuali. La donna è stata però assolta per il mobbing. La difesa: primo passo verso la ricostruzione dei fatti

TERAMO. Aveva accusato il comandante dei vigili urbani di Teramo e un altro collega di molestie sessuali, ma dopo l’archiviazione dell’inchiesta da parte del gip Giovanni de Rensis la procura l’ha indagata per calunnia. Per questo reato il gup Flavio Conciatori, al termine di un rito abbreviato, ieri mattina ha condannato ad un anno e quattro mesi la vigilessa Anna Capponi.

La condanna ha riguardato solo la calunnia in relazione alle molestie sessuali nei confronti del comandante Franco Zaina e di un altro agente (costituitisi parte civile e rappresentati dall’avvocato Gugliemo Marconi), mentre la donna è stata assolta dalla calunnia relativa alle accuse di mobbing nei confronti del comandante e di altri due vigili. «Malgrado il pm avesse richiesto, così come la parte civile, la condanna per tutti i capi d’imputazione», scrivono in una nota i legali della donna, gli avvocati Daniele Fabrizi e Serena Gasperini, «l’agente di polizia municipale Anna Capponi è stata condannata unicamente per i fatti relativi ad una parte del primo capo di imputazione e ad una parte del secondo, mentre è stata assolta per tutti i fatti relativi alle restanti parti dei tre capi di imputazione. Di conseguenza, dunque, l’agente Capponi è stata assolta anche per i due episodi del 2 e del 6 luglio 2012 per i quali aveva subito un provvedimento disciplinare. Si tratta di un primo importante passo verso la ricostruzione dei fatti e l’accertamento della verità. Riservandoci di leggere le motivazioni della sentenza, non appena depositate, confidiamo di poter presto ottenere in Appello un provvedimento che renda integralmente e definitivamente giustizia alla signora Anna Capponi». Il pm Laura Colica aveva chiesto una condanna a due anni. La vigilessa aveva chiesto un rito abbreviato condizionato ad una perizia sul computer del comandante. Lo stesso su cui, secondo l’accusa dell’agente municipale, sarebbe stata costretta a vedere un video hard in ufficio (in particolare un video della show girl Belen già finito sul web). Tutto, secondo l’accusa della vigilessa, sarebbe avvenuto negli uffici del comando municipale che si trova in piazza San Francesco. Ma, secondo gli accertamenti fatti dai consulenti della procura e dello stesso giudice, nel giorno indicato nella denuncia della vigilessa quel computer non sarebbe mai stato acceso. Nel frattempo, qualche mese fa, il tribunale ha reintegrato la vigilessa licenziata dal Comune. Il giudice del lavoro Maria Rosaria Pietropaolo ha ritenuto ritorsivo e illegittimo il suo licenziamento disponendo la reintegra immediata. Dopo l’archiviazione del caso da parte del gip, il Comune aveva licenziato la vigilessa adducendo la giusta causa. Una decisione subito impugnata dall’agente.(d.p.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA