Teramo, Equitalia: due indagati per estorsione

Cittadino denuncia la richiesta di pagamento di una cartella annullata due volte, il giudice chiede l’imputazione coatta

TERAMO. Al giudice servono meno di dieci righe per spiegare perchè ha chiesto l’imputazione coatta per due dipendenti di Equitalia indagati in concorso per estorsione per una cartella esattoriale cancellata da due sentenze. «La vicenda, per come si è sviluppata in concreto», scrive il gip Roberto Veneziano, «ha evidenziato contorni torbidi ed inquietanti, facendo percepire al cittadino che ha subito gli effetti quanto odiosa può apparire l’arrogante protervia di chi esercita un munus publicum irridendo i principi normativi espressi dai tribunali e sovrastando l’occasionale interlocutore nelle spire inestricabili della più ottusa espressione della deteriore burocrazia».

Il caso è quello di un cinquantenne cittadino teramano che impugna il pagamento di una cartella esattoriale. Sia il giudice di primo grado sia quello d’appello stabiliscono che non deve pagare. Nonostante questo l’uomo si vede notificare da Equitalia una nuova intimazione di pagamento. Così presenta una denuncia per estorsione. La Procura indaga il dipendente che ha seguito il procedimento e il suo responsabile, ma a indagini chiuse chiede l’archiviazione per entrambi. Archiviazione che il gip respinge rinviando agli atti al pm di competenza affinchè formuli un’imputazione coatta nei confronti di due dipendenti di Equitalia Teramo. Così motiva il giudice nella sua ordinanza: «La pretesa di un diritto dichiarato estinto per ben due volte da sentenze emesse da competenti uffici giudiziari non può essere considerata espressione di un legittimo esercizio «di procedure volte a recuperare il credito vantato dallo Stato» (come il pm ha incautamente sostenuto), atteggiandosi di contro a pretesa inesigibile in quanto riferibile ad un diritto estinto e, come tale, immeritevole di tutela in ambito ordinamentale, presa d’atto che connota in termini di odioso azzardo e basimevole intimidazione la prospettiva paventata da Equitalia spa che rappresentava, con l’atto del 6 gennaio 2016, l’evenienza, in caso di mancato pagamento della cartella esattoriale ancora una volta azionata (in modo davvero incomprensibile), il preteso creditore avrebbe fatto valere il proprio diritto (prescritto) con le forme dell’esecuzione forzata». E aggiunge Veneziano: «Tale surreale aspetto, purtroppo verificatosi nel caso di specie, connota la vicenda delle fosche tinte della intimidazione estorsiva posto che i soggetti preposti alla cura del procedimento di riscossione non potevano ignorare che il credito vantato da Equitalia fosse stato dichiarato, per ben due volte, apertis verbis prescritto in quanto non era stata data prova dell’intervento, medio tempore, di un evento interruttivo della prescrizione, quindi se hanno scelto, comunque, di azionare ancora una volta, in modo volgarmente provocatorio e clamorosamente violativo di qualsivoglia principio normativo e di buon senso, il non più esistente credito mediante la emissione di nuova e meramente ripetitiva cartella esattoriale, ciò hanno fatto premeditando uno spregevole e disperato tentativo volto ad incamerare una pretesa ingiusta perchè acclaratamente contra legem».

©RIPRODUZIONE RISERVATA