Teramo, la Cassazione annulla il fallimento Foodinvest Group

I giudici della Suprema Corte accolgono per vizi procedurali il ricorso degli imprenditori Malavolta. Dopo nove anni si farà il processo d’appello contro la sentenza del tribunale teramano

TERAMO. Ci sarà un processo d’Appello per il fallimento della Foodinvest group del gruppo Malavolta: così ha deciso la Cassazione accogliendo il ricorso presentato dalla nota famiglia di imprenditori e riconoscendo un vizio procedurale. Ma, al di là dei tecnicismi giuridici, ancora una volta sono i tempi lunghi dei procedimenti giudiziari a declinare un pronunciamento che arriva cinque anni dopo quello dei magistrati aquilani e ben nove anni dopo la sentenza di fallimento emessa dal tribunale teramano. La Cassazione ha rinviato gli atti ai giudici d’Appello, che, in diversa composizione, dovranno tornare ad esaminare il caso.

La Foodinvest group era la società che riuniva 12 stabilimento del gruppo, molti dei quali anche fuori provincia e regione.

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Contro la sentenza di fallimento del tribunale teramano, la Foodinvest aveva proposto reclamo ma la corte d’Appello dell’Aquila, con sentenza del 6 ottobre 2012, aveva dichiarato estinto il giudizio. Nel mezzo una serie di rinvii a causa della sospensione dei termini processuali prevista dopo il sisma del 2009. La Corte aveva ritenuto che la comparsa di costituzione depositata dal curatore del fallimento il 17 novembre del 2009 «non costituisse un valido atto di riassunzione». E su questo, in particolare, si è basato il ricorso in Cassazione fatto dal gruppo Malavolta. Scrivono a questo proposito i giudici della Suprema Corte: «Il motivo è fondato. La volontà di ottenere una decisione sul reclamo, manifestata dal curatore nella comparsa di costituzione depositata a seguito della cessazione della sospensione, è stata ritenuta dalla corte di merito inidonea ad impedire l’estinzione del procedimento, in virtù dell’osservazione che l’atto risultava privo di requisiti necessari a determinare la riattivazione, e segnatamente di una richiesta di fissazione dell’udienza di discussione rivolta al presidente della corte d’appello». Spiegano i giudici: «Tale conclusione non può essere condivisa, dovendosi richiamare il principio, costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui costituiscono elementi essenziali dell’atto di riassunzione esclusivamente quelli che permettono di individuare la causa riassunta e la manifestazione della volontà di riattivare il giudizio attraverso il ricongiungimento della nuova fase a quella precedente in un unico procedimento».(d.p.)

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