LA VALIGIA DI CARTONE

Quante esistenze stanno dentro la valigia di cartone e come approfittano di tutto, per raggiungerci! Forse per questo amo le rape rosse che cuocevano sotto la cenere, nei giorni vicini al Natale....

Quante esistenze stanno dentro la valigia di cartone e come approfittano di tutto, per raggiungerci!
Forse per questo amo le rape rosse che cuocevano sotto la cenere, nei giorni vicini al Natale. Sanno ancora di orto e di mani rugose, sprigionano un profumo familiare. E allora si scatena una sinfonia di allusioni e di illusioni: i maccheroni alla chitarra, immersi nel sugo che borbottava a lungo. Si ama la cicoria al papavero della vigna anche se si ricorda quella più amara di montagna. I ravioli, gli gnocchi, le fettuccine fatte a mano e tagliate con precisione millimetrica, la frittura di pesce, un certo tipo di frittata, mille e svariati dolci che ci legano all’infanzia.
Sono sapori rudi, forti, freschi. Intangibili nella caverna della memoria, accolgono con qualche sospiro l’uguaglianza dei cibi già pronti, inscatolati. Hanno tentacoli sottili e risalgono indietro nel tempo. La bruschetta pane e olio rivendica la sua dignità. Pane, aglio e olio, un pizzico di sale o di pepe, una foglia di basilico, il peperoncino. Abbrustolita, croccante, sincera: una Italia agricola e patriarcale che sollecita le papille gustative, regala attimi di trascurabile felicità. Si apparecchia, mentalmente, anche per chi non c’è più o vive lontano. Saranno le virtù, il brodetto di pesce; gli infiniti modi di cucinare quello che ognuno di noi conosce come l’alfabeto di casa.
Una lingua che appartiene ad una comunità regionale declinata con varianti infinite nel guscio familiare. E allora il liquore fatto in casa, il nocino o le visciole sotto spirito, le marmellate di uva o di pesche, le corniole o le more sottovetro, sono la testimonianza di una estate appena trascorsa, sopra le montagne o lungo le colline. Ne conservano il profumo; saranno ami e doni da offrire a chi tornerà, una ragnatela di colori e di sapori, qualcosa di raro che abbiamo conservato per chi non c’è; forse più degli odori, i sapori ci riportano a casa.