Palla al Centro

Uno psicodramma nazionale in corso

Non si parla d’altro: della mancata qualificazione alla fase finale dei Mondiali di Russia 2018. Nei bar, nelle televisioni e nei punti di ritrovo. Ormai era un’abitudine vivere le notti magiche d’estate inseguendo un sogno Mondiale. Talmente scontato che non ne apprezzavamo il valore. Il flop azzurro ha preso il sopravvento su tutto: sulla politica e sui problemi dell’economia. Succede così in Italia. Tutto diventa un dramma, anche se non lo è. Poi, passerà. Ci abitueremo anche a un’estate senza il sogno azzurro. Ne risentiranno l’umore degli italiani e il Pil. Ma ce ne faremo una ragione. A patto che questa onta serva a qualcosa. Che il fallimento calcistico produca una rivoluzione, in grado di avviare un nuovo ciclo. Le eliminazioni al primo turno nei Mondiali del 2010 e nel 2014 erano un campanello d’allarme inascoltato; un Europeo, del 2016, appena dignitoso ha illuso il movimento che il peggio fosse alle spalle. E, invece, ecco toccato il fondo. Venerdì sera, quell’assalto a vuoto alla Svezia è un segnale di impotenza. Non c’è un ricambio nel gruppo azzurro ed ecco che Buffon, Barzagli e De Rossi sono ancora sulla cresta dell’onda nonostante l’età calcisticamente avanzata. Non riesce a farsi largo un ricambio nelle stanze dei bottoni, è quello il vero problema alla radice di tutti gli altri. Lobby, pressioni politiche ed economiche fanno sì che emergano figure il meno ingombranti possibile. Non viene a galla il meglio, ma quello che può dare meno fastidio ai potenti. Chiaramente, inadeguato Carlo Tavecchio. Ancor più inadeguata la sua governante. Entrambi prodotti di un sistema costruito dai presidenti di club che pensano al piccolo orticello più che al bene del sistema. Un sistema che produce debiti, liti e compromessi al ribasso. E’ il momento di fare piazza pulita e di promuovere le eccellenze del calcio italiano – ad esempio ex campioni - chiamate a un ruolo di responsabilità per rilanciare il calcio azzurro dalla base. Ovvero dal settore giovanile. Non c’è più tempo da perdere. Perché questo buco durerà a lungo e c’è bisogno di creare un ricambio generazionale in fretta. Bene o male che abbia fatto, ma c’è gente in federazione da oltre 30 anni. Serve una sterzata, una ventata di freschezza di idee e managerialità. Ben consapevoli che il calcio è la fotografia della società civile. A forza di guardare il bicchiere mezzo pieno non ci siamo accorti che il movimento si avviava verso il burrone. In serie A vengono celebrati giocatori che fuori dai confini fanno fatica. E la presunzione del calcio italiano, in nome e per conto di un passato glorioso, è tale da non accorgersi che all’estero il calcio (e non solo) si evolve e diventa migliore. Come in tutte le categorie della vita sociale. Solo in Italia le eccellenze vengono soffocate dalle lobby, altrove vengono premiate e sostenute per cercare di migliorare lo stato delle cose. Estate senza azzurri ai Mondiali, pazienza. L’importante è che il sacrificio serva: per un calcio migliore.