Un secolo per tre generazioni di talenti musicali cresciuti a pane, note e fantasia

Tutto comincia con nonno Pietro, trombettista e direttore d’orchestra poi ecco Vincenzo e il suo piano nei club anni ’60, ora tocca a elettronica e jazz

TERAMO. Famiglia musicale i Di Sabatino. Interpreti e compositori. Il capostipite Pietro (1913-2002), trombettista e direttore d’orchestra, il figlio pianista e didatta Vincenzo (classe 1939), e i suoi figli Paolo, Luca, Glauco. Senza dimenticare Maria, sorella di Vincenzo, flautista che vive a Firenze.

In un secolo tre generazioni di talenti, mentre cresce la quarta. Talenti sbocciati a Teramo e poi in giro a suonare in tutto il mondo, ma sempre di ritorno a casa. Il più conosciuto è Paolo (nato nel 1970), pianista, compositore, arrangiatore, docente al conservatorio aquilano Casella, 25 dischi all’attivo, collaborazioni con Altan, Mario Biondi, Grazia Di Michele, Istituzione Sinfonica Abruzzese, e grandi nomi del jazz statunitense. Il fratello minore Glauco (1977), batterista, autore del metodo per batteria “Over the pop”, ha una sua carriera, ha inciso un suo disco “Inside the groove”, ma suona spesso nei dischi di Paolo e dal vivo in trio con lui (e Marco Siniscalco o Daniele Mencarelli al basso). Paolo e Glauco sono appena tornati da una trionfale tournée tra Cile e Argentina, applauditi entusiasticamente nei festival jazz e nei club e teatri di Santiago, Chicureo, San Berardo, Cordoba, Buenos Aires, e complimentati da un big come il chitarrista americano Pat Martino. Ma non è il primo tour insieme, cinque anni fa i due fratelli erano volati in Giappone «Girare con tuo fratello agevola le cose, sei rilassato, e hai la soddisfazione di creare insieme» rimarca Paolo. Il fratello di mezzo, Luca (1974), laurea in scenografia all’Accademia di Belle Arti di Urbino, è soprattutto grafico e pittore, fa mostre, dirige cortometraggi e videoclip (come “Ce que j’aime de toi” con Kelly Joyce, singolo dal cd “Trace Elements” di Paolo), ma coltiva anche lui il demone di famiglia e col nome d’arte Ben Dover si dedica alla musica elettronica con Wendy Lewis, pezzi che viaggiano su iTunes.

Ma occorre fare due balzi indietro, risalendo la storia famigliare fino a Pietro Di Sabatino, trombettista, compositore, direttore d'orchestra, docente di strumenti a fiato, che nella sua lunga vita visse anche l'esperienza della prigionia in Africa. Richiamato alle armi nel 1939, fu mandato in guerra con il Corpo di polizia Africa italiana. Catturato il 6 aprile del 1941 dall'esercito inglese, fu internato in un campo a Nairobi, dove conobbe altri il pianista Giuseppe Gagliano e il clarinettista Aldo Settimii, pure lui teramano. Con altri musicisti prigionieri formarono l'orchestra del campo, che tenne concerti al Theatre Royal di Nairobi per l'esercito inglese e i civili.

Un anno fa, nel centenario della nascita del nonno, Paolo e i fratelli organizzarono una bellissima serata musicale, "Acquerelli abruzzesi. Pietro Di Sabatino, un compositore", dedicata alle composizioni sinfoniche e leggere del maestro, riscoprendone così il talento. «Il sogno è incidere un disco insieme a papà con le musiche del nonno», spiega Paolo, che ha avuto in Vincenzo un docente esigente, come Pietro lo era stato a suo tempo per Vincenzo. Ma la catena si interrompe qui, a quanto pare: «Non ho voluto essere l’insegnante di mia figlia (Caterina, 9 anni, anche lei pianoforte, ndc), perché si crea una confusione di ruoli, tra genitore e insegnante. Non è molto sano. Con papà non è stata una passeggiata. Solo dopo il diploma mi ha fatto per la prima volta i complimenti».

«Invece con me gettò la spugna» osserva Glauco, padre di Gioele, 5 anni. «Ho studiato pianoforte con mio padre 3-4 anni e poi ho mollato. È sempre stato più esigente con noi che con altri allievi. Con la batteria ho iniziato per gioco a 14 anni, ma papà non volle compramene una nuova, mi diede il "catorcio" di Rodolfo Tullj, che era stato batterista dei Modernist di Nino Dale e poi di un gruppo di papà, i Saba, con Franco Partenza al basso e Roberto Poliandri chitarra. Rodolfo mi diede le prime lezioni, ma mi considero un autodidatta. A 15 anni già avevo il mio trio, facevamo liscio, si suonava il fine settimana nei lidi di Roseto o ai matrimoni, guadagnavo 80-90mila lire a sera. La collaborazione con Paolo è iniziata presto, fu lui a insistere. E lui a darmi l’anticipo per la mia prima batteria professionale, acquistata a rate negli anni in cui lavoravo in fabbrica alla Foodinvest. Ora suono, insegno, lavoro molto in studio di registrazione. Riesco a mantenermi. Ma con Paolo e papà è stata dura. Non mettevano in discussione il talento, ma hanno insistito perché approfondissi la conoscenza dello strumento e sviluppassi una musicalità».

Eccolo Vincenzo, burbero benefico, che ha attraversato con i suoi complessi (all’epoca si chiamavano così) gli anni ruggenti della musica dal vivo, suonando nei club in alta Italia, in Svizzera, Germania, e nei locali della nostra costa, quando Roseto e altre spiagge teramane erano luoghi mondani frequentati da famosi attori e attrici e altra gente di spettacolo, nonché da luminari della capitale.

«Mio padre Pietro ha preteso che io studiassi musica. Mi piaceva suonare, molto meno studiare. È faticoso studiare. Papà suonava la tromba, mi fece 2-3 lezioni e poi concluse: “Fa lu pianoforte che è mije”. Fu lui a accompagnarmi a Roseto per la mia prima serata a 15 anni, al lido La Lucciola con Nino Dale». Dopo il debutto in pubblico col mentore di tanti musicisti teramani, tra i quali Ivan Graziani, Vincenzo inizia la sua carriera di pianista accompagnando il padre nei pezzi classici americani, prima di formare negli anni Cinquanta il suo primo complesso: «Si chiamava Hot Jazz. Alla batteria Elio Pompa (sì, proprio lui, il maestro della ristorazione teramana, ndc), i fratelli Massetti, Bruno fisarmonica e Marcello sax, io al piano. Dopo il diploma iniziai a fare questa vita da zingaro, finita quando ebbi la cattedra di pianoforte complementare, prima a Teramo, poi Bologna e L’Aquila. Ho suonato diversi anni con Nino Dale, e anche in un complesso con mia sorella Maria al flauto». I lidi Lucciola e Mirella e l’hotel Hercules a Roseto, il night Asso di Cuori a Montepagano (dove passarono Mina, Ornella Vanoni, Fred Bongusto), il Blue Note a Silvi, il Sayonara Dancing a Tortoreto. «Posti frequentati da gente che poteva spendere e in cui si faceva musica sul serio» sottolinea Vincenzo, il primo in zona a possedere un organo Hammond. «Eravamo musicisti professionisti, non dilettanti. Si lavorava con criterio, facendo musica di alto livello. Dovevi essere in grado di accontentare qualsiasi richiesta musicale dei clienti. Oggi vedo purtroppo che si è fatto un passo indietro quanto a gusto musicale».

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