l'inchiesta

Capistrello, sequestrato il tesoro del boss Fasciani

La Finanza mette le mani su beni per 20 milioni: i tentacoli del clan romano anche nella Marsica

CAPISTRELLO. I tentacoli del clan Fasciani avrebbero stretto la morsa criminale anche nella Marsica e, in particolare, a Capistrello, paese d’origine della famiglia guidata da don Carmine. Ieri mattina il comando provinciale della Guardia di Finanza di Roma ha eseguito numerosi sequestri su richiesta della Procura capitolina nell’ambito dell’operazione “Medusa”.

Il provvedimento nei confronti di alcune persone legate al noto gruppo criminale ha interessato beni per un valore complessivo di circa 20 milioni: bar, ristoranti, società, conti correnti e case. Tra questi beni ci sono anche degli immobili nel comune della Valle Roveto, oltre a quelli a Roma e Civitavecchia. Proprio nel giardino in una casa di Capistrello, di proprietà di Nazzareno, fratello del boss Carmine, con l’aiuto del metal detector erano state cercate il mese scorso delle armi. Un provvedimento che arriva, forse non a caso, a pochi giorni dalla sentenza con cui la Corte d’Appello di Roma ha condannato per associazione per delinquere alcuni membri del clan Fasciani, per i quali il procuratore generale aveva invece chiesto il reato di associazione mafiosa. Le maggiori condanne sono state quelle del boss (10 anni) e del fratello Terenzio (5 anni). Mentre l’altro fratello, Nazzareno Fasciani, difeso dall’avvocato Moreno Persia e che nella villetta di Capistrello ha trascorso gli arresti domiciliari, è stato assolto. Dopo la pagina strettamente processuale, ora si cerca di colpire il cuore del clan, mirando al patrimonio della famiglia. Le indagini condotte dagli specialisti del Gico, nucleo di polizia tributaria hanno tratto spunto dal patrimonio informativo acquisito in due importanti operazioni, eseguite precedentemente a Ostia e battezzate “Nuova alba” e “Tramonto”. È stato accertato come i due fratelli condannati, attualmente in carcere, avessero progressivamente inquinato l’economia di Ostia attraverso la costituzione e l’acquisizione di svariate società operanti in diversi settori, sfruttando numerosi prestanome. In alcuni casi si è assistito a vere e proprie joint-venture tra i fratelli Fasciani e alcuni imprenditori che hanno tentato di camuffare l’illecito patrimonio accumulato. Lo scopo era investire in attività per un veloce reimpiego dei proventi illeciti.

Pietro Guida

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