Avezzano

Ingiusta detenzione, gli spettano 25mila euro di risarcimento

20 Luglio 2025

Un uomo, originario del Marocco era finito in carcere (oltre 3 mesi) per rapina: avrà 236 euro per ogni giorno di prigione

AVEZZANO. Era stato arrestato in flagranza di reato e accusato di una violenta rapina ai danni di un connazionale. Ma dopo 103 giorni trascorsi in carcere, è emersa la verità: l’uomo era innocente. Ora, a distanza di due anni, la Corte d’Appello dell’Aquila ha riconosciuto il diritto al risarcimento per ingiusta detenzione, accordandogli una somma di 25.000 euro, comprensiva delle spese legali. Protagonista della vicenda è un cittadino marocchino, difeso dall’avvocato Mario Del Pretaro, arrestato il 17 febbraio 2023 con l’accusa di rapina aggravata e lesioni personali. L’accusa era stata mossa da un altro cittadino nordafricano, che tuttavia, dopo la denuncia, si è reso completamente irreperibile. Nonostante l’uomo avesse protestato la propria innocenza fin dal primo interrogatorio di garanzia, il 20 febbraio 2023 il gip del tribunale di Avezzano aveva convalidato l’arresto e disposto la custodia cautelare in carcere. Durante la fase istruttoria, era stata disposta l’audizione della presunta vittima in incidente probatorio. Ma la persona offesa non si è mai più presentata in aula. Nessun altro elemento di riscontro è emerso a carico dell’imputato, e così il 31 maggio 2023 è stato rimesso in libertà. Infine, il 12 gennaio 2024, il gip ha archiviato il procedimento, riconoscendo l’infondatezza della notizia di reato. L’avvocato Del Pretaro ha quindi presentato istanza di riparazione alla Corte d’Appello dell’Aquila, chiedendo un risarcimento di 45.000 euro per i gravi danni personali, familiari e professionali subiti dal proprio assistito. La Corte, con provvedimento depositato nei giorni scorsi, ha riconosciuto integralmente il diritto al ristoro, liquidando la somma forfettaria di 25.000 euro, pari a circa 236 euro per ciascuno dei 103 giorni di ingiusta detenzione. Nel provvedimento, i giudici hanno chiarito che non è emersa alcuna condotta dolosa o gravemente colposa da parte dell’imputato, che anzi si era sempre dichiarato estraneo ai fatti. La misura cautelare, secondo la Corte, era fondata unicamente sulle dichiarazioni della persona offesa, poi risultate non verificabili.