Lombardi: «L’Aquila città senza memoria e in disfacimento» 

Sfogo dell’ex sindaco: «Comune assente all’addio a Casciani Svanita la progettualità che impostai negli anni passati»

L’AQUILA. «L’Aquila è una città senza memoria e questo incide e inciderà anche sulla qualità della rinascita post-sisma». L’ex sindaco Enzo Lombardi è arrabbiato e allo stesso tempo amareggiato: «Tutto quello che avevo costruito e impostato negli anni in cui sono stato sindaco e nel periodo della mia vita politica attiva, lo vedo svanire giorno dopo giorno, l’assenza di visione e progettualità fa spavento». Lombardi è nato a Castel di Ieri, è laureato in Scienze economiche e commerciali ed è figlio di Aldo Lombardi, morto prigioniero in Russia e di Ines D’Alessandro deceduta a 105 anni. Ancora oggi, quando parla del padre, all’ex sindaco si inumidiscono gli occhi.
Cosa le fa pensare che siamo in una città senza memoria?
«Basterebbe un esempio recente. Qualche giorno fa ho partecipato alle esequie del professor Carlo Umberto Casciani, un uomo che ha dato tanto all’Aquila oltre che, naturalmente, alla medicina mondiale. Ai suoi funerali nella basilica di Collemaggio non c’era nessun rappresentante ufficiale delle istituzioni. Mi sono vergognato per loro. Il nome di Casciani è legato anche a un convegno internazionale che risale al 1990 sul diritto alla vita e sulla dignità della morte, un tema che è tornato centrale nel dibattito politico italiano. Ricordo molto bene quel convegno che si svolse dal 25 al 29 agosto, nel periodo della Perdonanza. Io e chi collaborava con me, in particolare Errico Centofanti, avevamo ben chiaro cosa dovesse essere l’evento legato alla figura di Celestino V. L’Aquila, nei giorni di fine agosto, doveva essere al centro dell’attenzione italiana e non solo. I temi di quelle Perdonanze furono appunto il fine vita, la foresta amazzonica, lo sviluppo socioeconomico dell’Africa, le migrazioni, la pacificazione Israele-Palestina. Quella linea doveva restare ed essere potenziata. Si è fatto altro. Meglio tacere per carità di patria».
Nel post-sisma elaborò e portò in consiglio comunale una serie di proposte sulla ricostruzione. Che fine hanno fatto?
«Innanzitutto quelle proposte non nacquero dal nulla. Io da giovane ho lavorato al ministero dei Lavori pubblici dove mi occupavo della ricostruzione post bellica, dal Nord alle Isole. Nel 2009 tornai al ministero dove ritrovai alcuni ex colleghi e con loro misi a punto uno schema su tempi, modalità, priorità. Era un vero e proprio piano di ricostruzione, soprattutto di quella pubblica. In consiglio comunale però prevalsero altri interessi e non se ne fece nulla».
Perché secondo lei?
«In questi anni si è pensato soprattutto alla ricostruzione privata. E non si sono volute regole e gabbie. E infatti si è andati avanti a caso. Un po’ qua e un po’ là. Ricostituire la rendita immobiliare è stata la priorità. Poi ci chiediamo perché la ricostruzione pubblica è al palo».
Oggi si discute molto della valorizzazione del centro storico inteso come fulcro della rinascita della città.
«Giusto. Io posi all’epoca il problema dicendo che bisognava ripartire da lì. Ma la questione vera, 10 anni dopo, è che non c’è più una città. Oggi è tutto sfrangiato e disperso. Rimettere insieme i cocci è difficilissimo».
Lei è stato pure presidente del Tsa. Che ruolo ha o potrà avere la cultura nel presente e nel futuro dell’Aquila?
«Finora non ne ha avuto nessuno. Dopo più di 10 anni non siamo riusciti a ristrutturare il Teatro comunale. Quella doveva essere una priorità assoluta. Il terremoto poteva essere “occasione” per rifondare molte cose magari guardando alla città degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta quando L’Aquila era calamita di eventi nazionali e internazionali. Oggi si litiga su tutto e non si costruisce nulla di positivo. Basti vedere le vicende ultime legate al decennale».
Oggi lei ha 77 anni. Che cosa le fa più male quando legge o vede cose che non condivide?
«A casa ho un archivio dove c’è la storia della città dagli anni Sessanta in poi. Se guardo al periodo in cui sono stato sindaco – e anche oltre – posso dire che tutto quello che allora fu fatto e impostato ora rischia di finire nel disfacimento. Ogni mia proposta o contributo nel post-terremoto – magari critico ma sempre costruttivo – è stato nei fatti vanificato».
Ha mai incontrato l’attuale sindaco per un confronto sulle questioni aperte della città?
«Ho chiesto molto tempo fa un incontro, ma non ho mai ricevuto risposta».
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