Migranti, i 17 giorni all’Aquila: notti al freddo e attese davanti alla prefettura

La testimonianza di uno dei richiedenti asilo trasferiti in pullman in Basilicata: approdati in un centro di accoglienza in attesa di protezione internazionale
L’AQUILA. Hanno raggiunto la Basilicata nella serata di mercoledì i migranti partiti dall’Aquila: venti sono stati trasferiti nel Potentino, mentre diciotto hanno trovato accoglienza a Matera, suddivisi in due Cas cittadini gestiti dalla cooperativa Filef Basilicata. Sono arrivati provati dal viaggio e, soprattutto, dai giorni trascorsi all’addiaccio nel capoluogo abruzzese, dove molti hanno dormito in rientranze, sottopassi e altri luoghi di fortuna.
diciassette giorni
Uno di loro ha raccontato di aver passato all’Aquila ben 17 giorni: freddo, attese davanti alla prefettura, alla ricerca di alloggi e assistenza e notti senza riparo. Si tratta in gran parte di “dublinanti”, ossia persone che avevano già presentato richiesta di asilo in un altro Paese europeo e che vengono quindi redistribuite. Nel gruppo ci sono anche afgani, con cui la comunicazione è al momento più complessa: un mediatore parla urdu, gli altri in pashtu, e serve tempo per strutturare un dialogo efficace.
la procedura
I Centri di accoglienza straordinaria (Cas) vengono attivati quando il sistema ordinario non ha posti disponibili. Garantendo vitto, alloggio, mediazione linguistica e un primo supporto nelle pratiche, rappresentano la prima accoglienza. I posti nei Cas ci sono per tutti i nuovi arrivi: chi chiede asilo entra immediatamente nel sistema. Se ottengono la protezione internazionale, i richiedenti possono passare nella seconda accoglienza Sai, dove però i posti non sono sufficienti per tutti. Sia nei Cas che nei Sai non è obbligatorio restare: si tratta di un’accoglienza volontaria, che viene abbandonata solo se la persona lo sceglie. Soltanto dopo l’ingresso nelle strutture lucane è iniziato il lavoro degli operatori. Tra loro c’è Erika Bucca, responsabile delle strutture di Pisticci per Filef Basilicata. È lei a confermare che, una volta superata la fase di emergenza, il territorio offre condizioni favorevoli all’inserimento. «Molti trovano lavoro quasi subito. Qui c’è richiesta di forza lavoro, c’è apertura. Il passaggio da ospiti a vicini di casa è naturale», racconta. Una situazione che appare molto diversa da quella dell’Aquilano, dove la mancanza di strutture disponibili impedisce un’accoglienza stabile. Chi arriva resta poco, in attesa del trasferimento verso altre regioni. Anche ieri alla Mensa Celestiniana si sono presentati cinque migranti in transito, confermando un flusso minimo, ma costante. L’Aquila continua così a essere una città di transito, più attraversata che abitata, mentre, a poche centinaia di chilometri, la Basilicata riesce già a trasformare quei volti in presenze quotidiane. Un divario che racconta molto delle diverse capacità organizzative dei territori.

