Pescasseroli, parla il padre della neonata: «Volevo bene a Gaia, è stato un incidente»

La ricostruzione di Giorgio Ferni, indagato per omicidio colposo: mi è scivolata mentre le davo il latte, poi ho mentito per paura della reazione della mia compagna

PESCASSEROLI. Per quattro giorni ha raccontato di essersi tenuto quel segreto che gli macerava il cuore. Ha avuto paura delle reazioni dei familiari e delle possibili conseguenze. Fino a crollare quando gli esami medici lo hanno messo di fronte alla realtà.
Giorgio Armando Ferni, il giovane padre della neonata morta mercoledì scorso, accetta di parlare al Centro. Racconta di Gaia, che il prossimo 27 gennaio avrebbe compiuto tre mesi di vita, e di ciò che è accaduto la mattina del 17, quando lui era da solo nell’abitazione di Pescasseroli. Quando verso le 10 si sarebbe verificato l’incidente domestico sul quale ora si sta indagando.

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Signor Giorgio, dove si trovava quel giorno e che cosa è accaduto?
«Ero in casa, in camera da letto e come altre volte stavo dando da mangiare a mia figlia. Spesso la mettevo sul letto e la allattavo. Quel giorno no. La tenevo con il braccio sinistro e stavo prendendo il biberon dal comodino quando lei, all’improvviso, ha fatto uno scatto all’indietro e mi è scivolata dalle mani. Non ho fatto in tempo a riprenderla. È caduta e ha sbattuto la testa. Ha iniziato a stare male, non c’ho capito più niente. È stata una disgrazia».
Ma perché non dire subito la verità?
«Ho avuto paura della reazione della mia compagna Barbara Franchi e ho scelto di mentire. Mi dispiace. Ero terrorizzato. Mi dispiace di avere raccontato un’altra storia, mi dispiace per quello che ho raccontato in questi quattro giorni».
Sua moglie che cosa le ha detto dopo la confessione in Procura?
«Mi ha abbracciato. Ha capito che ho sbagliato».
Teme conseguenze?
«Non ho nulla da temere, me l’hanno detto anche in Procura quando sono stato ascoltato. Mi hanno detto che in galera non ci vado. Ripeto, è stato un incidente assurdo. Inizialmente non sapevo che cosa sarebbe potuto accadere».
Ma non pensa che, se avesse detto subito la verità, i soccorsi sarebbero stati più celeri e la bimba si sarebbe potuta salvare?
«È quello che dice anche la gente, ma non è così. I medici hanno detto che non ci sarebbe stato niente da fare. Quel giorno ho chiamato subito mia moglie e quando lei è tornata a casa siamo andati di corsa al distretto sanitario di Pescasseroli. Questa è la verità».
Teme il giudizio di quanti la conoscono e più in generale del paese?
«Nessuno mi può giudicare e invito le persone a non farlo. Invito tutti a riflettere prima di fare delle affermazioni. Vorrei vedere le altre persone al posto mio. Vorrei soltanto che tutti capissero il mio dolore, il dolore di un padre che ha perso la figlia in un modo così tragico. Quando non ce l’ho fatta più ho detto la verità».
Lei e sua moglie Barbara avete chiesto l’autopsia e avete presentato un esposto in Procura lamentando ritardi nei soccorsi. Come fa a non rendersi conto che in questo modo sarebbe stata scoperta la vera causa della morte?
«Ho sbagliato, lo ripeto, non giudicatemi. Ma è stato fatto in buona fede. Amavo Gaia, è stata una bambina voluta sia da me che dalla mia compagna. Anche in questo caso voglio sgomberare il campo da chiacchiere. Dopo la nascita mi ero fatto fare un tatuaggio col suo nome».
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