Ma la difesa insorge: si tratta di una immagine ormai nota in tutto il mondo, impossibile parlare di irregolarità<BR>

Rosone di Collemaggio, guerra sul marchio

Indagati due orafi per avere riprodotto gioielli già realizzati da concorrenti

 L'AQUILA. È guerra tra orafi per l'esclusiva del marchio del rosone di Collemaggio sui gioielli. Dopo alcune denunce ci sono due indagati. La complessa questione sarà dipanata da un perito.  Le denunce sono state inoltrate, pertanto, da due orafi aquilani i quali hanno riprodotto dei gioielli riproducenti il rosone della basilica di Santa Maria di Collemaggio.  A loro avviso le medesime opere sono state riprodotte abusivamente e anche commercializzate da due concorrenti, anche loro orafi, che sono stati denunciati a piede libero e ora sono indagati anche se una imputazione chiara la procura ancora non l'ha fatta. Verrà di certo precisata quando sarà depositata una perizia disposta ieri.  I due orafi sospettati, con accuse ancora tutte da dimostrare, sono R.M. e L.C., i quali sono assistiti dagli avvocati Claudio Cagnoli e Luca Bruno.  Al perito il giudice chiede di accertare se nelle opere riprodotte si può ravvisare una certa originalità e dunque, il «plagio», o se si tratta di attività lecita.  La difesa sostiene che non ha alcun senso parlare di brevetto sul rosone di Collemaggio visto che si tratta di una immagine ormai nota in tutto il mondo e, dunque, di un marchio debole, cosa che restringe i margini di colpevolezza.  A questo si aggiunge, dunque, la considerazione che nei mesi corsi il tribunale del riesame ha annullato un sequestro di alcuni gioielli esposti in vetrina dagli indagati proprio in considerazione di questa valutazione.  Soltanto tra un paio di mesi, quando si conoscerà l'esito della perizia, si potrà arrivare alla definizione del procedimento anche sotto il profilo della imputazione.  Le denunce penali sono state presentate dagli orafi tramite gli avvocati Giulio Agnelli e Ubaldo Lopardi.

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