Crisi, fallimenti triplicati in cinque anni a Pescara

Il giudice Zaccagnini: edilizia martoriata e guerra tra poveri ma gli strumenti ci sono per affrontare l’emergenza

PESCARA. «Di questa crisi, che parla attraverso l’edilizia martoriata e la disperazione, mi colpisce come le tensioni sociali ed economiche finiscano per confluire nel settore giudiziario che non può risolverle. E’ come se la gente mi chiedesse: fallo tu giudice, pensaci tu mentre il mio compito è quello di intervenire sulla legittimità e non quello di risolvere problemi sociali».

Non aveva mai visto una crisi del genere, Angelo Zaccagnini, magistrato dal 1980, arrivato a Pescara nove anni dopo e memoria storica della sezione fallimentare del tribunale di Pescara: una crisi economica che spinge perfino alla confusione dei ruoli, «a chiedere al giudice risposte che spettano alla politica», dice Zaccagnini che dedica anche due giornate – il primo e il terzo mercoledì del mese – all’ascolto, «al ricevimento di professionisti e avvocati per parlare di questioni giudiziarie».

Il giudice: mai visto nulla di simile. E’ almeno dal 2011 che nella stanza di Zaccagnini al secondo piano del settore civile scorrono le vite professionali di grandi e piccoli imprenditori piegati dalla crisi. «E’ una guerra tra poveri», la chiama il giudice, quella spirale in cui «il piccolo creditore non riesce a realizzare il credito perché il debitore non riesce a pagare». Ci sono l’esasperazione che porta «a recuperare anche cifre irrisorie», i fallimenti triplicati nel giro di cinque anni e «diventati vuoti perché riguardano persone che non hanno più nulla» e i concordati preventivi schizzati in alto, passando dai tre prima del 2012 ai 58 previsti entro l’anno. Perché? «I concordati sono aumentati in seguito alla riforma del 2012 che ha regolamentato questo strumento a cui accedono le aziende che vivono uno stato di crisi ma che hanno la possibilità di trovare un accordo con i creditori. Il concordato», illustra, «è stato incentivato perché vengono preclusi i pignoramenti, non ci sono sequestri e ipoteche. Solitamente», spiega il giudice, «vi accede un imprenditore che ha alle spalle un patrimonio ma che si trova in difficoltà perché ha costruito case che non riesce a vendere. Inizialmente il concordato era stato visto in maniera leggera, sembrava che bastasse presentare un piano mentre non è così semplice: occorrono una proposta seria, la capacità di poterla rispettare, un’analitica indicazione dei costi e dei ricavi e aggiungere come si riuscirà a sostenere il piano di ristrutturazione del debito».

Edilizia martoriata, salva la tecnologia. Se il concordato preventivo è appannaggio soprattutto degli imprenditori, in particolare dei costruttori che hanno un patrimonio, il fallimento si è esteso a quasi tutti i settori, da quello dei servizi a quello commerciale, con la cifra record di 122 fallimenti iscritti previsti entro l’anno rispetto ai 42 del 2007. «La gravità dei fallimenti risiede nelle cifre», racconta Zaccagnini, «mentre si mantiene costante la motivazione: ieri come oggi si arriva al fallimento perché si è perso tutto».

Se il settore dei servizi, per il giudice, «è praticamente azzerato», dal suo osservatorio Zaccagnini nota che il settore che sta resistendo ai tempi neri «è quello dell’alta tecnologia perché si colloca ancora in un mercato con poca concorrenza». E il giudice cita, poi, un esempio recente di implosione, quello del boom dei negozi di sigarette elettroniche «che sono arrivate nel mercato come un elemento di novità ma che sono proliferate in così breve tempo che adesso hanno perso il carico di rinnovamento e rientrano nei settori in crisi».

Zaccagnini: sono fiducioso, ecco perché. La scrivania del giudice è circondata da faldoni di concordati preventivi, da istanze di fallimento, da esecuzioni mobiliari e immobiliari e da un mole di lavoro a cui il tribunale, come aggiunge, riesce a fare fronte grazie «all’organizzazione del tribunale e dei suoi settori e agli strumenti informatici voluti dal tribunale di Pescara».

Una mole di lavoro specchio della crisi a cui il magistrato guarda con fiducia anche quando la disperazione, com’è accaduto anche in Abruzzo, porta al gesto estremo, al suicidio. «Ci sono gli strumenti per trovare una soluzione», commenta Zaccagnini, «solo che, rispetto al passato, non si può più affrontare la crisi in maniera superficiale o da sprovveduti. Il giudice, ripeto, non ha il compito di consigliare che invece spetta agli avvocati e a tanti bravi professionisti che abbiamo e che possono indicare una via: un gesto disperato non è necessariamente legato alla crisi economica perché credo che, nonostante il momento gravissimo, un imprenditore può uscirne attraverso il supporto di bravi professionisti, può trovare gli strumenti per affrontare il grave momento di difficoltà. Confido, poi, nell’Abruzzo, nelle sue risorse e in una regione che ha ospitato e ospita imprenditori seri».

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