E per rifare la strada il centro chiude Negozianti furiosi

Rifornitori rimandati indietro, vie e negozi restano deserti I commercianti: un disastro, servono accessi alternativi

PESCARA. «Un disastro». Il lunedì dei commercianti del centro cittadino è iniziato nel peggiore dei modi, con l’accesso in via Nicola Fabrizi chiuso al traffico e le strade deserte. Colpa dell’ordinanza che da ieri, e fino a martedì 16 aprile, vieta il transito, la sosta e la fermata su via Regina Margherita tra l’incrocio con via Leopoldo Muzii a quello con piazza Salotto dalle 7 alle 19 per consentire i lavori di rifacimento di questo tratto di strada. Lo stesso tratto di via Regina Margherita interessato, al contempo, nel contestatissimo abbattimento degli alberi pericolanti iniziato ieri a sorpresa e nella realizzazione della pista ciclabile (lato mare) i cui lavori dureranno, almeno sulla carta, 45 giorni.

«Questa cosa è devastante», tuona Diego Cipolla, direttore del magazzino Acqua e Sapone di via Roma che ieri, dopo tre ore di telefonate con il Comune, ha dovuto comunque rimandare indietro il camion della merce da scaricare. «Il problema», protesta Cipolla, «è che il Comune non ha avvisato nessuno e il risultato, oltre ai problemi logistici che ne deriveranno quotidianamente per il rifornimento della merce è anche che non gira nessuno: in via Fabrizi, per quant’è vuota, ci si potrebbe fare una partita di calcio».

«La città ha chiuso e noi siamo fuori a passeggiare, perché non si lavora», osserva amareggiato Pino Tollin del negozio di abbigliamento Montaliani, su via Regina Margherita angolo via Mazzini. «A parte un cartellino qui davanti messo dall’oggi al domani nessuno ci aveva avvertito, nè noi nè la città. Da stamattina (ieri ndr) è il caos, con le macchine che passano in senso contrario su via Mazzini pur di rientrare. Per quello che mi riguarda non ho neanche acceso le luci del negozio, ma non so così fino a quando può durare».

«Le macchine non riescono proprio a entrare in centro, e con loro neanche i fornitori», lamenta Luca Amicone che con il padre Ivo gestisce il negozio di frutta e verdura in via Regina Elena. «Per scaricare la roba siamo venuti a lavorare un’ora prima, ma i rifornitori dell’acqua e del latte non sono riusciti a entrare. È un disastro veramente, devono trovare delle soluzioni alternative assolutamente, magari anche solo invertendo il senso di via Mazzini in direzione mare- monti».

«Siamo stanchi degli esperimenti sulla nostra pelle», protesta esasperato Claudio Minicucci, della Chitarra antica di via Sulmona, «pensare di chiudere questa città senza un dialogo con chi ci lavora, con chi ci vive e che dall’oggi al domani si ritrova chiuso dentro casa è impensabile. Non voglio fare polemica con l’amministrazione, ci mancherebbe altro, però anche un bambino di 5 anni sa che chiudere una strada di accesso alla città il lunedì mattina è impensabile senza proporre un’alternativa, Ma stiamo scherzando? C’è gente che paga gli affitti dei negozi e che così non può lavorare, roba da chiedere i danni a chi è responsabile di questa totale disorganizzazione. Basta con la politica dell’intanto iniziamo poi si vedrà, la città non se lo può più permettere. E poi, le associazioni di categoria: dove sono? Possibile che Confcommercio e Confesercenti non erano stati avvisati di questo macello?».

Tirato in ballo, Gianni Taucci della Confesercenti spiega subito: «Non siamo stati avvisati, ma sapevo, come avevo letto, che ci sarebbero state chiusure alternate dei tratti interessati dai lavori e per questo ero convinto che avessero trovato l’alternativa per far entrare macchine e fornitori. Ma scopriamo oggi che non è così. Perché gli obiettivi non sono quelli di difendere una categoria già massacrata, ma di risolvere i problemi a discapito dei soliti. Non è più accettabile, speriamo che capiscano l’errore e pongano rimedio già da domani (oggi): basterebbe invertire il senso di marcia di via Mazzini. Un errore di valutazione come questo è fatale perché compromette pesantemente gli incassi. È come se a un dirigente del Comune si impedisse di andare a lavorare togliendogli il compenso dallo stipendio. È inaccettabile».

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