«Gli imputati di Bussi ostaggi del processo»

L’avvocato di un ex della Montedison al processo: ci fu inquinamento ma nessun disastro ambientale

CHIETI. Gli imputati di Bussi descritti come «ostaggi», un processo che «non doveva essere celebrato» e un’accusa «priva di fondamento», «che non ha nulla del disastro ambientale perché, al limite, a Bussi c’è stato un problema di inquinamento ambientale». Per quasi quattro ore, l’avvocato Tullio Padovani, docente a Pisa di diritto penale, legale di grido – tra gli ultimi casi ha seguito l’ex presidente del Monte dei Paschi di Siena Giuseppe Mussari – ha cercato di sgretolare l’impianto accusatorio del processo sulla mega discarica di Bussi richiamando la giurisprudenza e paragonando gli imputati, tutti ex vertici della Montedison, a «ostaggi che saranno liberati».

Anche ieri sono proseguite le arringhe delle difese e, a prendere la parola, è stato Padovani che ha concluso chiedendo l’assoluzione per Guido Angiolini, amministratore-delegato pro-tempore della Montedison dal 2001 al 2003 e accusato, insieme agli altri 18 imputati, di avvelenamento delle acque e di disastro doloso. Come avevano fatto anche i suoi predecessori Padovani ha impostato la difesa su quelle che ha definito «accuse retrospettive» perché, come ha spiegato alla Corte d’Assise di Chieti presieduta da Camillo Romandini, «con i metri di valutazione del 2014 si giudicano gli anni Sessanta, Settanta e Ottanta». Nella sua introduzione l’avvocato-professore ha cercato di dimostrare, come ha detto, «l’inconsistenza del capo d’accusa che pretende di costruire una sorta di concorso universale di persone che si sono avvicendate nel corso degli anni unendo una serie di episodi che sono slegati ma che l’accusa ha ammassato in un unico contesto». Il «concorso universale» a cui Padovani ha fatto riferimento è un processo la cui accusa, secondo l’idea della difesa, ha unito vertici del polo chimico dagli anni Sessanta fino agli anni più recenti «ammassandoli», come ha sottolineato il legale, «in un unico contesto di disastro ambientale». Eppure, per l’avvocato, il suo assistito Angiolini considerato dall’accusa, come ha ricordato il suo legale, «una sorta di regista dell’intera vicenda», «ha agito in buona fede e non ci sono elementi significativi, anzi», ha aggiunto Padovani, «il capo d’imputazione è allergico alla formulazione».

Molti degli imputati nel processo per la mega discarica di Bussi, quella scoperta dalla Forestale nel marzo 2007, sono ex amministratori ormai ottantenni che Padovani ha definito «vecchietti che debbono essere condannati perché scattino meccanismi successivi. Tecnicamente sono ostaggi processuali», ha detto ancora l’avvocato, «perché servono ad agganciare la responsabilità di Edison: ecco perché per gli ostaggi bisogna pagare il riscatto».

Gli imputati sono accusati di disastro doloso ma per la difesa quel disastro «è infondato». «A Bussi», ha detto Padovani, «si può parlare probabilmente di un fenomeno di inquinamento ambientale che può essere stato anche grave ma il disastro ambientale è un’altra cosa», ha detto Padovani. «Il disastro impone la verifica in concreto del pericolo dell’incolumità pubblica e, nel capo d’imputazione, questo pericolo non c’è. Ecco perché», ha croncluso, «non nego l’inquinamento ma qui si sta parlando di una situazione che è stata ingigantita e trasformata in qualcosa che non ha fondamento».

Padovani si è avviato alla conclusione chiedendo quindi l’assoluzione per Angiolini e dicendo pure che «sarebbe stato meglio non fare il processo di Bussi». In aula, si tornerà il 14 novembre sempre con le difese degli imputati della Montedison. La sentenza è prevista invece prima di Natale.

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