Morte Morosini, i medici si discolpano

Confronto tra i soccorritori indagati: «Non spettava a me intervenire», «Non sapevo che c’era il defibrillatore»

PESCARA. «Nessuno mi ha detto che c’era il defibrillatore», «la convenzione tra la Asl e la società Delfino Pescara non mi è stata notificata», «il primario è stato ritenuto estraneo alla catena causale». Per la prima volta, a distanza di un anno dalla morte del calciatore del Livorno Piermario Morosini, i medici indagati per omicidio colposo si sono ritrovati insieme nell’aula 2 di fronte al giudice per le indagini preliminari Maria Michela Di Fine, ai periti del gip, al pm Valentina D’Agostino e a un battaglione di avvocati e consulenti di parte. Seduti ai banchi, nell’udienza a porte chiuse, c’erano i medici del Livorno Manlio Porcellini e del Pescara Ernesto Sabatini, accanto all’altro medico del 118 Vito Molfese – non c’era invece il primario Leonardo Paloscia – i protagonisti dei soccorsi di quella giornata di sabato 14 aprile allo stadio Adriatico, quando il giocatore del Livorno barcollò e si accasciò al 29’ 41’’ di gioco.

E’ stato il giorno dell’incidente probatorio, quello iniziato ieri alle 11 e andato avanti per tre ore, di un confronto che ha preso le mosse dalla discussione della perizia di Vittorio Fineschi, Francesco Della Corte e Riccardo Cappato: i medici del gip che avevano scritto che «tutti i membri dell’équipe hanno omesso di utilizzare il defibrillatore», che lo strumento era assolutamente necessario e che avevano individuato nella filiera dei soccorsi una graduatoria di responsabilità. Il confronto è iniziato con le domande degli avvocati ai periti, interrogativi tecnici improntati a capire la letteratura di riferimento, a ricevere chiarimenti sulla perizia cercando di discolpare gli assistiti in un gioco delle parti che, alla fine, si è risolto in uno scambio di accuse. Per il medico del 118 Molfese, quello a cui la perizia ha affidato il ruolo di «leader» nella catena dei soccorsi, l’avvocato Alberto Lorenzi ha evidenziato «che la convenzione tra la Asl e il Pescara calcio è stata notificata 4 mesi dopo la morte di Morosini. Solo in quella convenzione è stato stabilito che il 118 doveva occuparsi dei soccorsi in campo e quindi Molfese non sarebbe neanche dovuto intervenire». Eppure i periti avrebbero replicato portando a esempio una situazione immaginaria della stessa gravità e chiedendo se il compito del medico sia intervenire o domandarsi se c’è o no una convezione. Per Molfese, tramite il suo avvocato, se una convenzione è stata fatta è perché, prosegue Lorenzi, «era necessario stabilire la competenze sul campo. Di fronte all’arrivo di un primario, in ogni caso, non spettava a Molfese intervenire». Il primario è Paloscia, direttore dell’Unità coronarica dell’ospedale civile, accorso in campo dagli spalti e chiamato in causa dalla difesa del medico del 118 per il ruolo più prestigioso ricoperto. Proprio perché Paloscia è arrivato in campo per ultimo, i periti del gip avevano scritto che è vero che «ha omesso anche lui di usare il defibrillatore» ma «nessun rilievo causale è da assegnare all’erroneo comportamento del medico». E’ su questo punto che si è concentrato il suo avvocato De Nardis puntando il dito contro gli altri indagati e dicendo che «i periti hanno graduato tutte le responsabilità e hanno tenuto conto del tempo di intervento: chi è interventuto prima è più responsabile» e aggiungendo anche che «sono stati i periti a dare al medico del 118 il ruolo di leader». Il primo a soccorrere il giocatore è stato il medico del Livorno Porcellini, seguito da Sabatini, e nel suo caso l’avvocato Girardi ha detto: «Porcellini è intervenuto per primo quando l’arbitro non aveva ancora interrotto la partita. Nessuno ci ha detto che c’era il defibrillatore e che andava usato e il medico si è impegnato a fare altro per salvare il calciatore. Per me ci sarebbero gli estremi per non chiedere il rinvio a giudizio anche se mi rendo conto che è dura». Adesso gli atti torneranno al pm che prima dovrà chiudere l’inchiesta e poi chiedere l’eventuale rinvio a giudizio.

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