Rigopiano, «Vogliamo giustizia per i nostri morti»

In mille alla fiaccolata con i parenti delle vittime organizzata a Farindola. Il sopravvissuto Giampaolo Matrone: va punito chi ha sottovaluto la nostra situazione

INVIATO A FARINDOLA. Due mesi dopo le lacrime non sono finite. E non finiranno mai. Ma due mesi dopo la valanga che ha trasformato l’Hotel Rigopiano di Farindola in una trappola mortale per 29 persone, tra ospiti e dipendenti, c’è «bisogno» di giustizia. Durante il corteo di ieri per ricordare le vittime innocenti di una tragedia che ha commosso, segnato e provocato rabbia in Abruzzo e in Italia, i parenti dei morti l’hanno gridato restando in silenzio: le loro parole le hanno affidate agli striscioni con i fiori attaccati, ai palloncini bianchi liberati in cielo e alle fiaccole, una per ogni vita spezzata. «I nostri angeli meritano giustizia. Noi la chiediamo per loro», dice lo striscione con i 29 nomi dei morti disposti a cuore. La giustizia: è l’ultimo appiglio a cui si aggrappano i familiari per andare avanti. «Giustizia ritardata è giustizia negata. Tedeschini non ci abbandonare», questo dice un altro striscione con la foto del procuratore capo di Pescara Cristina Tedeschini prossima al trasferimento a Pesaro. In mille hanno percorso a piedi un tratto della strada Farindola-Rigopiano, proprio quella strada che le vittime non hanno potuto imboccare il 18 gennaio scorso a causa di un muro di neve alto più di due metri.

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Distruzione negli occhi. E ieri, per i familiari, è stato anche il giorno in cui hanno visto con i propri occhi i resti dell’albergo e la distruzione disseminata nel raggio di mezzo chilometro: 4 piani cancellati dalla forza di una slavina da 4 mila camion carichi di neve con il tetto del resort sprofondato fino al livello del terreno. I parenti hanno portato fiori fino all’ingresso dell’albergo camminando tra i detriti scagliati dalla slavina: alberi, pezzi di arredamento, un cassonetto della spazzatura sono arrivati fino a centinaia di metri dal resort. Attaccati ai mazzi di fiori, dei biglietti: «Sempre nei nostri cuori».

Giustizia per i morti. E ora i parenti vogliono sapere una cosa sola: chi sono i colpevoli di Rigopiano? Perché, hanno detto, qualcuno dovrà pagare «per i nostri morti». Persone intrappolate in un resort a 1.200 metri di altitudine a causa di una strada abbandonata per più di 24 ore e ricoperta dalla neve, senza neanche una turbina perché si era rotta dal 6 gennaio scorso. Si aggrappano all’inchiesta aperta per omicidio colposo plurimo e disastro colposo, ancora senza indagati ma ormai vicina ai primi addebiti: i carabinieri forestali e i carabinieri del nucleo investigativo depositeranno a breve i rapporti dell’indagine e, con le carte in mano, Tedeschini e il pm Andrea Papalia iscriveranno i primi indagati.

Rigopiano, una fiaccola per ogni vittima della valanga
A due mesi dalla valanga che ha distrutto l'hotel Rigopiano di Farindola (Pescara), uccidendo 29 persone, il Comune di Farindola e i familiari delle vittime hanno deciso di commemorare le vittime della tragedia che ha sconvolto l'intera comunità abruzzese. Più di 1.500 le persone, sindaci e cittadini, che si sono strette al dolore dei familiari delle vittime. Ventinove le fiaccole accese accanto al nome di ogni persona morta, dopodichè un gruppo di familiari ha raggiunto l'albergo per depositare dei fiori. (video di Pietro Lambertini)

Il sopravvissuto. «Voglio giustizia», l’ha ripetuto anche Giampaolo Matrone, uno dei sopravvissuti che, però, nella tragedia ha perso la moglie Valentina Cicioni. Appena dimesso dal policlinico Gemelli, Matrone ha partecipato alla marcia in ricordo delle vittime: «Vorrei conoscere di persona chi ha preso sotto gamba la situazione, quelli che hanno lasciato correre. Vorrei far vivere loro qualche istante che abbiamo vissuto noi, già da quella mattina con il terremoto. Siamo andati per un giorno di riposo dopo un anno di lavoro. Ecco come mi ritrovo. Ora voglio giustizia». Poi, Matrone ha ripercorso le sue 60 ore sotto la neve e le macerie: «Appena successo non sapevo fosse una slavina», ha detto, «ho provato a chiamare Valentina, ma credevo fosse lontana da me perché ho fatto un volo di 15/20 metri. Ho provato a chiamare, ma non rispondeva nessuno. Ho sentito che erano arrivati i soccorritori quando già erano andati a salvare gli altri ragazzi. Ho cominciato a sentire qualche voce: ho detto il mio nome, poi sono arrivati molto dopo. Volevo ringraziare il mio angelo custode, Rubino del Soccorso Alpino. E un altro ragazzo, Davide, che purtroppo non c’è più: è quello che ha avuto l’incidente con l’elicottero qualche giorno dopo». È un grazie sincero al teramano Davide De Carolis.

Appello di Valentinetti. La ricerca della giustizia è stato il tema ricorrente di un corteo durato 7 chilometri tra andata e ritorno. Di «sete di giustizia», durante la messa celebrata a Rigopiano proprio di fronte alla ferita lasciata impressa dalla valanga sulla montagna, ha parlato anche l’arcivescovo di Pescara Tommaso Valentinetti: «Questa montagna assassina ha ucciso tante persone», ha detto Valentinetti. Poi, una riflessione: «In queste situazioni ci si chiede sempre perché. La natura è libera, come l’uomo, e ha le sue leggi. Noi dobbiamo avere il coraggio della fede. E di fronte alle morti violente», ha detto ancora Valentinetti, «è la prova più difficile».

Il dolore di un fratello. Al corteo anche Massimiliano Giancaterino, l’ex sindaco di Farindola e fratello di una delle vittime, il capocameriere Alessandro: «Non sono un tecnico e non conosco la causa della valanga e non so se si poteva evitare questa tragedia. La realtà è che sono morte 29 persone. Un pensiero per mio fratello, per tutti quelli che lavoravano al Rigopiano e per gli ospiti che non hanno avuto altra colpa se non quella di aver scelto di trascorrere qui qualche giorno di relax. Questa tragedia segnerà per sempre il destino di Farindola. Rialzarsi dopo questa violenza inaudita sarà difficile ma, di concerto con l’amministrazione comunale, stiamo lavorando per avviare nuove iniziative e dare un futuro al paese e ai suoi giovani. Spero che l’inserimento di Farindola tra i comuni del Cratere del terremoto sia positivo».

Le lacrime di un papà. Piange il papà di Marinella Colangeli, un’altra farindolese morta a Rigopiano, era la responsabile del centro benessere: «Nel nostro dolore siamo amareggiati perché siamo stati abbandonati da tutti. Vogliamo che venga fatta giustizia perché bastava poco per salvare queste 29 persone. Bastava una turbina per liberare la strada», ha detto Nicola Colangeli, «loro erano pronti per partire e invece nulla».

Farindola vittima. È una tragedia senza confini che ha distrutto un paese: Farindola è la trentesima vittima della valanga. «Tutti uniti nello stesso dolore», dice un altro striscione. «Dobbiamo lavorare per andare avanti e per fare ripartire questa terra», ha detto il sindaco Ilario Lacchetta, «lo facciamo con la condivisione del dolore e stando vicini a chi ha perduto un suo caro».

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