CARAMANICO TERME

Tragedia sull’Orta «Noi parte civile per avere sentieri più sicuri» 

L’associazione Terre Majella Morrone pronta a chiedere i danni per la morte della coppia nel fiume

CARAMANICO TERME. Sull'iscrizione nel registro degli indagati per il reato di omicidio colposo del sindaco di Caramanico Terme Simone Angelucci e del direttore del Parco Nazionale della Majella Oremo Di Nino, relativo al tragico evento avvenuto un anno fa alle Rapide di Santa Lucia, zona nota anche come Marmitte dei Giganti, dove persero la vita, inghiottiti dalle acque del fiume Orta, i coniugi 32enni di Scerni (Chieti) Silvia D'Ercole e Paride Pirocchi chiamato Giuseppe, interviene l'associazione Terre Majella Morrone (Tmm), presieduta dal sociologo Antonello Di Giovine, per comunicare la propria intenzione di costituirsi parte civile nel procedimento giudiziario.
«Ci sembra l'ipotesi più acclamata», spiega Di Giovine «per tanti motivi di giustizia e serietà, mentre stiamo valutando più attentamente la possibilità di costituirci anche parte lesa. Saranno i legali dell’associazione e della parte offesa, gli avvocati Arnaldo Tascione e Giuliano Milia, a indirizzarci e a decidere il da farsi. La nostra presa di posizione», va avanti Di Giovine «è orientata alla sicurezza e alla garanzia di tutti, ma sappiamo che la sicurezza del territorio è materia legislativa assai delicata e complessa e proprio perché tale, bisogna accertare le eventuali responsabilità dell’accaduto e comunque attendere che ci sia, se ci sarà, il rinvio a giudizio. Parliamo di sicurezza nel termine più ampio, memori di quanto accadde 21 anni fa, precisamente il 19 marzo del 1997, quando nello stesso luogo persero la vita tre giovani in una dinamica similare a quella riprodotta il primo maggio di un anno fa, nella sciagura dei coniugi di Scerni».
Silvia e Giuseppe erano andati in quello stupendo posto del Parco per la gita del Primo maggio, con i figlioletti di 8 e 5 anni. Scostatisi dal gruppo di escursionisti incapparono, nel sentiero denominato A2 delle Rapide, su un lembo roccioso molto scivoloso perché ricoperto di melma. Per loro fu fatale perché Silvia scivolò e finì nelle vorticose acque del fiume che in quel punto si presenta a carattere torrentizio. Il marito Giuseppe, nel disperato tentativo di salvarla, finì per essere anche lui inghiottito dalla corrente. Eventi che gli inquirenti non considerano come fatali e ai quali si sarebbe dovuto porre rimedio preventivamente per impedire, con adeguate segnalazioni, delimitazioni o barriere, che escursionisti non a conoscenza dei rischi insiti in quel tratto troppo pericoloso per essere fruibile, potessero avventurarvisi.