Chiude la fabbrica dei prosciutti In cinquanta perdono il lavoro 

Tra Natale e Capodanno stop all’attività produttiva nello stabilimento di trasformazione alimentare Manca l’accordo per il rinnovo dell’affitto. Il sindaco Tiberii: «Speriamo che arrivi un nuovo gruppo»

COLLEDARA. Chiude, per la seconda volta, il prosciuttificio di Colledara. Così come nel 2013 per l’allora “Crudi d’Italia”, la cessazione dell’attività è prevista fra Natale e Capodanno.
Si chiude così l’era di Sandro Potenza, l’imprenditore parmigiano che ha preso già nel 2014 in affitto l’enorme stabilimento di Colledara per continuare la produzione di prosciutti. All’azienda scade il contratto di locazione a fine anno e non è stato trovato un accordo con i curatori _ la Crudi d’Italia è ormai da tempo in concordato preventivo _ per rinnovarlo.
I LICENZIAMENTI. Il costo in termini occupazionali è alto: sono una cinquantina i posti di lavoro che saltano, di cui una trentina a tempo indeterminato. Tutto questo in una zona interna, che ovviamente risente ancor di più della crisi occupazionale. Per i dipendenti si preannuncia l’entrata in disoccupazione, per uno o due anni, a seconda dall’anzianità.
Le prospettive per lo stabilimento sono ancora nebulose. Un’ipotesi – la migliore, visto che l’alternativa sarebbe la chiusura definitiva – è che venga venduto a un grosso gruppo industriale, pare ci siano trattative in corso, ma ancora non c’è nulla di concreto. Il problema è che lo stabilimento è enorme, con una potenza produttiva notevole, per cui può essere appetibile solo a grandi gruppi industriali. Pare ci siano state consultazioni informali anche con gruppi che si occupano del settore a livello locale, ma non sono andate a buon fine.
IL MEGA STABILIMENTO. L’insediamento industriale, inaugurato nel Duemila, è completamente automatizzato e robotizzato. La superficie coperta di 14mila metri quadri ha una capacità produttiva di 16.500 prosciutti a settimana. Per dare una dimensione dell’impianto, basti pensare che solo il consumo di elettricità ammonta a 200mila euro. Lo stabilimento produttivo di Colledara fu impiantato da un grande gruppo specializzato nella produzione di prosciutti di Parma, la Crudi d'Italia. Un gruppo, di proprietà dei fratelli Paolo, Stefano e Lina Benassi, che aveva altri due stabilimenti: uno a San Vitale Baganza, proprio nel cuore della zona tipica di produzione del prosciutto di Parma, acquistato dall'Aba prosciutti nel 1986 e la Luppi Alimentari, sempre nella stessa località, acquisito nel 2005. Un gruppo che aveva una capacità produttiva di più di un milione di prosciutti all'anno ed esportava oltre che in Europa, anche in Cina, Australia, Giappone, Stati Uniti e Brasile. Un gruppo poi entrato in crisi, da cui è scaturita la chiusura nel 2013 e il licenziamento degli 82 dipendenti. Contemporaneamente il gruppo ha presentato una richiesta di concordato preventivo, che è stata accolta, prevedendo un piano di ristrutturazione pluriennale. E l’eventuale vendita dello stabilimento di Colledara, ora, rientra proprio in questo piano.
LA VERTENZA. La prima chiusura dello stabilimento, e la successiva riapertura con l’affittuario, ha portato anche a una lunga vertenza. Una cinquantina di lavoratori non sono stati riassunti quando pochi mesi dopo la chiusura dello stabilimento l’imprenditore, Sandro Potenza, l'ha affittato le ha ripreso la produzione. Da qui la vertenza degli esclusi, che tramite Fai Cisl e Flai Cgil hanno sostenuto che fra le due aziende c'è continuità e che quindi i dipendenti della Crudi d’Italia dovevano avere priorità nelle assunzioni. I giudici hanno invitato le parti a una conciliazione: le parti dunque si sono accordate su una somma da versare a rate per chiudere la questione ed evitare una pronuncia su un eventuale risarcimento del danno chiesto dai lavoratori.
IL SINDACO. Della vicenda si sta occupando anche il sindaco di Colledara, Manuele Tiberii. «Seguiamo la vicenda con molta attenzione», dichiara il primo cittadino, «sono speranzoso sulla possibilità che lo stabilimento riapra, consapevole che viste le sue dimensioni potrà essere acquisito solo da un grande gruppo che abbia le risorse per farlo funzionare. Certamente non gioca a favore una difficile congiuntura internazionale, collegata alla peste suina africana che si è sviluppata in Cina, che appunto per questo sta acquistando notevolissimi quantitativi di maiali sulle piazze estere, anche in Europa, rendendo difficile il reperimento della materia prima anche per le aziende italiane del settore».
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