In fuga dalla città per far crescere mille alberi sui monti 

Il pescarese Sulli vive da solo in un borgo vicino a Castelli «I terremoti non mi spaventano, la natura va salvata» 

CASTELLI. «Vivere nella natura e tra le mie amate montagne, anche se da solo, mi fa sentire libero, felice, in pace e mi dà equilibrio. Piantare gli alberi è la mia missione». A parlare è il 33enne Fabrizio Sulli, l’unico residente di contrada Rava, un’oasi di pace a pochi chilometri da Castelli tra i monti Camicia e Prena, abitata in passato da una ventina di nuclei familiari e oggi spopolata.
Perché se è vero che tante persone vanno via dall’entroterra soprattutto dopo i terremoti, è altrettanto vero che c'è chi sceglie di vivere nei posti abbandonati. Ed è ciò che è accaduto a Fabrizio che da Pescara e dopo gli studi in scienze ambientali ha scelto di vivere qui e di piantare mille alberi. «La vita cittadina mi faceva sentire in gabbia, in un qualcosa che non mi apparteneva e così ho scelto questo paesaggio da quadro impressionista e con l’abbondanza di risorse naturali», racconta, «la mia famiglia è originaria dell’Aquilano, i miei nonni erano pastori e da loro ho ripreso l’amore incondizionato per la natura, ma ho preferito questo posto che mi ha romanticamente conquistato». Fabrizio si è trasferito nel 2009, una ventina di giorni prima del sisma dell’Aquila, ma nessun terremoto o nevicata eccezionale lo hanno scoraggiato. «All’inizio dormivo in macchina per le scosse, ma pian pian ho creato il mio regno e non lo abbandonerei mai», continua, «per arrivare a casa devo percorrere un pezzo a piedi, ho solo la corrente elettrica, uso acqua della sorgente e mi scaldo con una stufa a legna. Ho meno agi, ma sto bene e il tempo vola tra i campi e il bosco quando è bel tempo e a intagliare oggetti in legno, leggere e catalogare le foto quando piove o nevica. Ho ospitato tante persone qui che si sono innamorate della bellezza che ci circonda». Fabrizio è una guida ambientale certificata, è appassionato di fotografia naturalistica, ma il suo obiettivo è quello di rimboscare la zona con piante che rischiano l’estinzione. «Finora ho piantato quasi mille alberi nel bosco e continuerò senza fermarmi», aggiunge, «dobbiamo aiutare la natura a non perdere le sue specie».
Per sostentarsi il giovane ha avuto un allevamento di capre e ora coltiva un grande orto. «Non è facile campare e a volte torno in città a fare il giardiniere», lamenta, «i costi e la burocrazia del lavoro della terra sono assurdi». Ma il suo sogno è quello di vedere ripopolati i piccoli centri. «Rifarei tutto e vorrei tanto che qui venissero altre persone in una comunità sostenibile, ma stiamo facendo crollare interi borghi non per il terremoto, ma per l’incuria e il disinteressamento. Per questo facciamo sì che la montagna non muoia e diamo la possibilità reale alle persone di tornare per restare».
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