ABRUZZO

Abolizione forestale, partono 200 ricorsi al Tar

In tremila in Italia contro l’accorpamento con i carabinieri: «Perdita dei diritti civili, sindacali e del giudizio militare»

L'AQUILA. Sono 200 su tremila a livello nazionale i carabinieri forestale che in Abruzzo hanno deciso di ricorrere al Tar contro la riforma Madìa, che dal 1° gennaio ha accorpato il Corpo forestale dello Stato all'Arma dei carabinieri trasformando le funzioni da civili a militari. Una fetta non indifferente, se si considera che in Abruzzo sono 500 i carabinieri forestale del neo "Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dei carabinieri".

Un passaggio, quello nell'Arma, avvenuto in maniera non indolore. Per oltre un anno sul fronte sindacale sono state decine le proteste e le iniziative per sensibilizzare il governo (e l'opinione pubblica) su un processo da subito vissuto da molti uomini e donne dell'unica forza di polizia italiana a ordinamento civile, come "un'imposizione". I forestali rivolsero un appello al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in visita all'Aquila un anno fa, un presidio che venne organizzato a Fonte Cerreto l'estate scorsa.

«I ricorsi al Tar sono contro la perdita dello status di civili, la perdita dei diritti civili e sindacali e l'obbligo di dover sottostare, in caso di giudizio, al Tribunale militare». A ricordare una battaglia ormai persa, è il sindacalista della segreteria della Funzione pubblica Abruzzo, Ferdinando Lattanzi. «I carabinieri forestali che svolgevano attività sindacale sono stati costretti a consegnare la tessera sindacale», spiega Lattanzi. Contestata anche la possibilità di ricorrere all'obiezione di coscienza: «E' una favola perché sono pochi i posti disponibili nelle altre pubbliche amministrazioni, per lo più in esubero, e allo scadere dei due anni di aspettativa in cui si viene nel frattempo collocati, c'è il rischio di essere licenziati». Ecco perché in pochi hanno voluto rischiare chiedendo di vedere riconosciuto questo diritto.

Con l'accorpamento nell'Arma, inoltre, viene meno «un'amministrazione poco gerarchica e, quindi, più efficiente. Se in passato un carabiniere forestale scopriva un reato, ad esempio una discarica abusiva», fa notare Lattanzi, «poteva denunciare alla procura della Repubblica, al contrario di quanto avviene adesso: qualsiasi reato dev'essere comunicato ai superiori, secondo la scala delle gerarchie e sono i comandanti a decidere se e in quali termini denunciare l'illecito alla Procura».

Quanto all'obiettivo che si è posto la legge Madìa di razionalizzare le funzioni e risparmiare, per il sindacato la riforma fa acqua da tutte le parti: nessuno degli obiettivi sarebbe stato centrato, visto che si tratta del corpo di polizia più esiguo (7.800 militari contro i 340mila dell'intero comparto sicurezza) e le sovrapposizioni non vengono eliminate, perché «carabinieri e polizia di Stato espletano all'80% le stesse funzioni».

«Questo assorbimento del Cfs nei carabinieri aumenterà le spese», spiega Lattanzi, «basti pensare alle scritte e nuove targhe degli automezzi, alle nuove divise, ai corsi e relative missioni, all'adattamento dei Comandi stazione, al cambio del sistema informatico, al cambio tesserini, per non parlare della nomina di tre nuovi generali di vertice». Non solo. Altra fonte di spesa riguarderà l'adeguamento delle strutture dei comandi stazione alle norme di sicurezza e costruttive dell'Arma. Ci sono ad esempio in Abruzzo alcuni progetti del Provveditorato regionale alle Opere pubbliche già appaltati e quindi pronti a partire. I quali, invece, devono essere corretti perché i "vecchi" progetti non contemplano le camere di sicurezza previste dai protocolli dell'Arma.