Via Firenze a Pescara

GLI EFFETTI DELLA CRISI

Abruzzo, come le città cambiano volto: meno negozi e più food

Ricerca della Confesercenti scatta la fotografia degli ultimi dieci anni, crollo del commercio a vantaggio delle attività legate a turismo e ristorazione. Boom a Pescara, L'Aquila maglia nera

PESCARA. Meno negozi tradizionali, più attività legate al food: dopo dieci anni di crisi economica le città abruzzesi cambiano volto. A scattare la fotografia è Confesercenti Abruzzo, che ha curato un'indagine su dati Movimprese. In dieci anni le attività "food" sono cresciute del 12,3%, passando da 9.635 a 10.826 unità, dato leggermente al di sotto della media nazionale (+16,8%). Scendono invece i negozi tradizionali: -16,58%, pari a meno 3.838 unità. Stabile (-1,4%) il numero dei commercianti ambulanti, mentre cresce quello delle attività ricettive (+5%). Variegato il quadro che emerge analizzando la situazione nelle singole province. Pescara infatti si posiziona al terzo posto in Italia per incremento percentuale del settore turistico: +29,75% grazie alle 602 nuove attività aperte fra alberghi, b&b e ristorazione. Il boom della ristorazione - caso quasi unico in Italia - consente anche di arginare il calo del commercio, con i negozi tradizionali che crescono dello 0,34%. Boom della ristorazione anche in provincia di Teramo, dove il turismo ha conosciuto un aumento del 14,9%, mentre il retail scende del 10,8%. Situazione drammatica, invece, nell'Abruzzo Interno: all'Aquila il numero di negozi è sceso del 42,2%, record in Italia, con un calo considerevole anche nel settore turistico (-7,49%). A Chieti i negozi tradizionali sono scesi del 13,5% a fronte di un incremento del 17,4% del settore turistico. La ristorazione fuori casa assume un ruolo sempre più rilevante anche nelle scelte delle famiglie. A fronte di una capacità di spesa scesa in dieci anni del 6,5%, rispetto al 2006 gli abruzzesi spendono di più per ristorazione e ricettività (+1,7%), per le bevande alcoliche e i tabacchi (+0,9%), ma le voci cresciute di più durante la crisi in Abruzzo sono l'istruzione dei figli (+31,1%), le spese per l'abitazione (+3%), i servizi sanitari (+0,5%), a fronte di risparmi consistenti negli acquisti in abbigliamento (-26%), comunicazione (-23,7%), mobili e articoli per la casa (-17%). Nel complesso, le famiglie abruzzesi nel 2007 potevano spendere 27.708 euro, contro i 25.908 del 2016: -6,5%, nonostante vi siano regioni con segno positivo