Una ricerca sul Meridione del Servizio studi dell’istituto è stata presentata ieri alla facoltà di Economia dell’università D’Annunzio a Pescara

Abruzzo, debiti e tasse bloccano la crescita

Convegno della Banca d’Italia: la regione si stacca dal Sud grazie a incentivi e investimenti

PESCARA. «Il recupero del Mezzogiorno, rispetto al centro nord, si è interrotto 30 anni fa». Non sono confortanti i dati emersi dalla ricerca condotta da Banca d’Italia e presentata ieri nella facoltà di Economia dell’ateneo pescarese. La stagnazione economica del meridione investe anche l’Abruzzo, che però «continua a distinguersi positivamente in alcuni settori», ha detto il capo del Servizio studi dell’istituto, Daniele Franco.

«Tendiamo a staccarci sempre più dal sud, per un meccanismo virtuoso stabilito tra incentivi e investimenti», ha spiegato Giuseppe Mauro, docente di Politica economica, aggiungendo però che «dal 2001 l’Abruzzo non è più cresciuto, soprattutto a causa del debito regionale e della tassazione, e questo ci spinge verso il basso». Nel giro di sei anni infatti, siamo scesi di circa 40 posti nella classifica europea, mentre le regioni dell’Unione in ritardo di sviluppo hanno recuperato terreno, e il Mezzogiorno è rimasto pressoché stabile. Esiste poi il problema della disoccupazione.

Il tasso di occupati è basso in tutto il sud, soprattutto per quanto riguarda donne e giovani, molti dei quali, nella fascia di età tra i 25 e i 35 anni, emigrano al nord. In queste regioni il fenomeno del lavoro sommerso rappresenta il 20 per cento dell’occupazione, e l’Abruzzo non è tra quelle virtuose, con un tasso di unità irregolari che oscilla tra il 12 e il 18 per cento.
A soffrire di più sono i settori del tessile e dell’abbigliamento. Un dato positivo arriva dal manifatturiero, che mentre occupa nel sud il 4,4 per cento della popolazione, in Abruzzo arriva quasi al 10, ovvero più che in altre regioni del centro nord. Secondo Mauro, è questo il momento per un ripensamento del modello di sviluppo: «Se quello manufatturiero tende a spegnersi nel tempo, il modello da tracciare è il manifatturiero terziario».

Nell’ultimo decennio il Pil del Mezzogiorno è cresciuto a un ritmo analogo a quello, modesto, delle regioni centro settentrionali. Eppure permangono divari nella facilità di accesso al credito e nel costo dei finanziamenti, che riflettono la maggiore fragilità di questa economia.
La politica regionale in favore di questa parte del paese ha usufruito nello scorso decennio di un ammontare considerevole di risorse finanziarie, ma i risultati ottenuti sono stati «inferiori agli obiettivi, in termini di sviluppo economico e sociale e di performance delle imprese».

L’efficacia della politica regionale ha risentito di diversi fattori. E’ inferiore al sud la qualità dei beni pubblici essenziali, come giustizia e istruzione.
«I voti scolastici sono più generosi», ha detto Franco, «e questo crea delle carenze, bisognerebbe usare indicatori omogenei». Servizi più scadenti al sud anche nella pubblica amministrazione e nella sanità. Ed è proprio in quest’ultimo settore che l’Abruzzo si distingue in modo evidente dal Mezzogiorno, in quanto è tra le regioni che attraggono più pazienti.

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