Aiop: la sentenza su Villa Pini sferza la Regione

Il presidente Pierangeli: il Tar ha riaffermato la legalità per tutta la sanità abruzzese

PESCARA. «E' una sferzata all'Amministrazione che deve indurre una seria riflessione». Luigi Pierangeli interpreta così la sentenza del Tar dell'Aquila, depositata l'altro ieri, che dice no al riaccreditamento del gruppo, o meglio della curatela fallimentare, della Casa di Cura Villa Pini.

Pierangeli, titolare dell'omonima clinica privata di Pescara, e il presidenete regionale dell'Aiop (Associazione italiana dell'ospedalità privata) che aveva presentato ricorso ai giudiici amministrativi contro la Regione. Contro la sentenza del Tar, che mette per ora fuori gioco Villa Pini, il presisdente della Regione, Gianni Chiodi, ha annunciato che presenterà ricorso davanti al Consiglio di Stato.

Che cosa significa per la sanità abruzzese la sentenza del Tar-L'Aquila? «In primo luogo», spiega Pierangeli al Centro, «rappresenta per tutti gli abruzzesi, e non solo per gli operatori della sanità, la riaffermazione del primato della legalità. In particolare, alle case di cura private che hanno sempre assolto i propri obblighi retributivi e contributivi, nonostante i pesanti e progressivi "tagli" subiti in questi anni, sia in termini finanziari che di posti letto, consente di continuare a sperare che chi rispetta le regole possa almeno evitare di essere danneggiato da chi tiene comportamenti contrari alle leggi».

«Il Tar», aggiunge il presidente dell'Aiop, «ha seccamente censurato i provvedimenti commissariali di accreditamento della curatela del fallimento Villa Pini (adottati proprio nel periodo di vigenza del Piano di rientro), evidenziando che con essi è stata "vistosamente disattesa" la par condicio degli operatori della sanità privata, in considerazione del mancato versamento, da parte dell'impresa fallita, delle retribuzioni e contribuzioni "invece imposte agli altri operatori del settore"».

Come si è giunti a questa sentenza del Tar? «Dopo il fallimento della Casa di cura Villa Pini, il cui accreditamento era già stato sospeso per effetto di una legge regionale che aveva colmato una lacuna del sistema sanzionatorio», prosegue Pierangeli, «le case di cura in regola con i pagamenti e a norma con i requisiti avevano sperato che, stante anche la necessità di assicurare l'attuazione del Piano di rientro, le ingenti risorse utilizzate in precedenza per remunerare le strutture del Gruppo Villa Pini (che secondo l'autorità giudiziaria inquirente sarebbero state corrisposte a copertura di prestazioni spesso inappropriate o addirittura inesistenti) venissero impiegate per limitare i pesanti tagli imposti alle strutture legittimamente operanti, e quindi per migliorare la qualità dell'assistenza ai cittadini e salvaguardare i livelli occupazionali».

«Così non è stato», dice ancora il presidente dell'Aiop, «e già in sede di fissazione dei tetti di spesa per il 2010 una consistente somma è stata dapprima accantonata e poi elargita alla curatela, nonostante gli impegni di segno contrario assunti dal Commissario nelle riunioni ufficiali».

«Le ragioni sostanziali poste a fondamento dei ricorsi proposti dalle case di cura associate all'Aiop», spiega Pierangeli, «risiedono infatti nella intollerabile iniquità delle scelte compiute in tal senso dalla gestione commissariale, visto che attraverso le decurtazioni subite dalle strutture in regola con i pagamenti è stata costituita la provvista da destinare alla curatela del fallimento Villa Pini. In tal modo si è prodotto anche un effetto distorsivo della legale e leale concorrenza, come sancito dal Tar».

«D'altro canto, delle due l'una: se il commissario aveva inteso ripristinare il vecchio accreditamento di Villa Pini, ciò contrasta con la sospensione all'epoca disposta dallo stesso commissario nei confronti dell'impresa fallita per le inadempienze non sanate; se invece l'accreditamento è stato attribuito alla curatela, si è in presenza indubbiamente di un nuovo accreditamento, vietato nella fase attuale del Piano di rientro, peraltro», conclude Luigi Pierangeli, «anche per l'assenza del Piano sanitario regionale, e che in ogni caso avrebbe dovuto formare oggetto di una procedura di evidenza pubblica».

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