Angelini: «Ho pagato 250mila euro ad Anello»

L’imprenditore: il consulente Fira è come Masciarelli, mi ha fatto avere 33 milioni.

PESCARA. «Qualsiasi cosa mi avessero chiesto, pur di comprare l’Everest io avrei detto sempre di sì. Pietro Anello mi serviva perché mi doveva dare i soldi». Vincenzo Angelini versò 250mila euro in cambio di una firma. Quella che l’avvocato dello studio legale e tributario di Roma - consulente della Fira - appose 4 anni fa sul parere relativo alla cartolarizzazione che consentì all’imprenditore della sanità privata di incassare 33 milioni di euro di crediti inesigibili.

Il titolare della clinica Villa Pini non indietreggia di un passo neppure nell’ultimo atto dell’incidente probatorio chiesto dalla procura per blindare le dichiarazioni del grande accusatore di Sanitopoli, che ha fatto saltare la giunta regionale e provocato gli arresti del 14 luglio scorso. Angelini riparte da dove aveva lasciato due mesi fa, al primo incidente probatorio, quando aveva picconato l’ex presidente Del Turco e gli altri ex amministratori regionali.

LA DAZIONE. «Al pagamento dei soldi non potevo sottrarmi, altrimenti la pratica si sarebbe fermata», è il refrain di Angelini davanti al procuratore Nicola Trifuoggi, ai sostituti Giuseppe Bellelli e Giampiero Di Florio e ai due legali di Anello, che battono invece la strada della consulenza professionale per giustificare quel compenso.

«Una dazione di 250mila euro non è una consulenza, questo l’ho detto da sempre e posso confermarlo», spazza via ogni altra ipotesi l’imprenditore, che sostiene di avere versato la somma in tre tranche, in un ufficio della Fira a Pescara. Un luogo non a caso, perché, dice Angelini al gip Maria Michela Di Fine, «Anello uguale Masciarelli», cioè il presidente della finanziaria regionale.

CHI E’ ANELLO. E’ proprio grazie a Masciarelli che l’imprenditore aveva conosciuto il 58enne avvocato calabrese dello studio «Anello&partners» di Roma, il cui nome oltre che in Sanitopoli - dove ha evitato l’arresto - è rimbalzato nel crac dell’ex Delverde, e anche nell’inchiesta Fira come figura di riferimento nei rapporti con il mondo della finanza.

LA PERIZIA. Ma torniamo ad Angelini: «Ho conosciuto Anello», spiega il titolare di Villa Pini, «quando Masciarelli voleva che comprassi il pastificio Delverde, all’epoca in crisi. I rapporti con Anello sono nati quando sono nati i rapporti con Masciarelli. Parlare con Anello significava parlare con Masciarelli. Loro due erano una cosa sola». Secondo l’accusa, quei 250mila euro sarebbero stati pretesi dal consulente, a fine 2004, per il deposito tempestivo dell’«accomodante perizia».

Anello avrebbe minacciato di non concludere in tempo utile il suo parere e, comunque, di non inserire i crediti «non performing» cioè non certi né esigibili. I 250mila euro avrebbero sbloccato la pratica. Angelini arriva alle 15 in punto sull’Audi guidata dal suo autista. Di fronte alle telecamere, in un tribunale semideserto, indossa comodamente le vesti di personaggio chiave («Ho delle responsabilità, o quantomeno degli obblighi»), fa spallucce davanti ai ripetuti j’accuse nei suoi confronti da parte di Del Turco («Non ho letto le dichiarazioni del presidente») e si lascia andare a una battuta («Siamo all’ultimo Anello»).

L’incidente probatorio, slittato a ieri per un difetto di notifica, comincia alle 16, quando da Roma arriva il legale dell’imprenditore, l’avvocato Sabatino Ciprietti. Anello non c’è, non ha mai chiesto di essere interrogato né i pm lo hanno mai convocato. Ne avevano sollecitato l’arresto, il gip disse no.
 Le tensioni di due mesi fa sfociate nei duri faccia a faccia a distanza con Del Turco e l’ex manager della Asl di Chieti Luigi Conga, sono lontani.

Così, l’ultima fase necessaria per cristallizzare la montagna di accuse partorite da Angelini si risolve in meno di mezz’ora, tra gli affondi dell’imprenditore, che ribadisce con sicurezza di avere pagato una tangente da 250mila euro in cambio del prezioso “autografo” dell’avvocato Anello, e i tentativi dei legali romani Domenico Porfido e Antonio De Michele di smontarne la credibilità.

«Abbiamo presentato della documentazione che dimostra l’esistenza di una consulenza straordinaria, di prestazioni professionali di altissimo livello su tutte le attività delle cliniche che facevano capo ad Angelini e principalmente sull’assetto societario», spiegano ai cronisti i due avvocati.

LA LETTERA. Ma la documentazione, che i legali inizialmente volevano depositare più avanti e che solo l’insistenza del procuratore Nicola Trifuoggi consente di produrre subito in udienza, si riduce in realtà a una lettera, datata giugno 2004, scritta da Angelini e indirizzata ad Anello, nella quale l’imprenditore della sanità privata rivolgeva al professionista le sue scuse. Ma di che cosa si scusava Angelini? «Ero mancato a un appuntamento. Avevo accusato un clamoroso ritardo, per questo esprimevo il mio rincrescimento e spiegavo al legale che ci saremmo visti nei giorni a seguire».

I RAPPORTI. I legali di Anello hanno chiesto ad Angelini se Anello abbia mai avuto rapporti con i suoi commercialisti «magari per la ristrutturazione del suo gruppo, la cessione di quote, la valutazione di Sanatrix». Angelini non si è scomposto: «Può darsi pure che abbia avuto contatti con il mio commercialista, ma se volevo fare una qualsiasi di queste cose l’avrei fatta fare al mio legale, l’avvocato Ciprietti. Non vi pare?». Poi, il colpo finale: «Con Anello ho parlato solo della cartolarizzazione. Mai avuto rapporti professionali con lui. A me interessava avere i soldi».