Atessa, in catene per gli stipendi

I lavoratori della Cicala senza busta paga da 7 mesi: così non c’è futuro.

ATESSA. «Aiutateci a lottare». Questo l’appello lanciato dai 20 dipendenti del Piccolo rifugio La cicala, società del gruppo Villa Pini d’Abruzzo, che ieri si sono incatenati ai cancelli dell’istituto. «Sette mesi senza stipendio, non ne possiamo più», hanno spiegato. La struttura, aperta nel 1990, è un centro residenziale per diversamente abili psichici e fisici; ha 48 posti letto e dopo il terremoto del 6 aprile ospita anche 8 disabili aquilani. I lavoratori (operatori socio sanitari, cuoche, una psicologa, un fisioterapista, un infermiere professionale, un geriatra e un primario neurologo-psichiatra) lamentano il mancato pagamento degli stipendi (come tutti i dipendenti del gruppo che fa capo alla famiglia Angelini) e sono preoccupati per l’incerto futuro che li attende. «Non accettiamo che gli errori della politica siano fatti pagare noi e alle nostre famiglie», hanno detto, «a noi non interessa chi a questo punto dovrà pagarci le mensilità arretrate, vogliamo solo essere pagati per il servizio che svolgiamo quotidianamente con amore e dedizione verso i nostri pazienti».

I dipendenti promettono anche altre clamorose forme di protesta. «Siamo stati sempre “buoni” ma adesso non ce la facciamo più». Nel frattempo hanno in programma un corteo per le strade di Atessa che arriverà sotto in Comune sotot le finestre del sindaco Udc Nicola Cicchitti. «Siamo indipendenti, senza sigle sindacali e senza strumentalizzazioni politiche», spiegano i dipendenti della Cicala, «ma siamo delusi da questa amministrazione, perché né il sindaco né qualcun altro di loro si è fatto vedere al nostro fianco per darci conforto e solidarietà».

La manifestazione di Atessa segue quella ancora più clamorosa messa in atto da alcuni dipendenti della clinica Santa Maria di Avezzano, sempre del gruppo Villa Pini, che per due giorni sono saliti sul tetto della clinica per protestare contro la proprietà e la Regione. Anche loro sono senza stipendio da diversi mesi. Il gruppo sanitario privato rivendica dalla Regione il pagamento di crediti per decine di milioni. Martedì scorso il Consiglio regionale ha approvato una legge-ultimatum che dà al gruppo sei mesi di tempo per pagare se non vorrà vedersi revocare la convenzione.