il processo montedison

Bussi, tre indagini sulle presunte pressioni

La procura di Chieti al lavoro sulla violazione del segreto: gli atti a Campobasso. E a fine giugno arriva in Abruzzo la commissione d’inchiesta parlamentare

CHIETI. «Sì, ho aperto un’inchiesta per rivelazione di segreto d’ufficio contro le due giudici non togate che per ora sono anonime, anche se il reato non è stato commesso a Chieti». Il procuratore capo, Pietro Mennini, non va oltre. Ieri pomeriggio ha acquisito agli atti i due articoli del Fatto quotidiano in cui non meglio precisate giudici popolari rivelano di aver subìto presunte pressioni dal presidente della Corte d’Assise del processo di Bussi per far assolvere i 19 imputati dall’avvelenamento delle acque. Le pressioni, se realmente ci sono state, sarebbero però accadute in una pizzeria di Pescara. E questo spinge la Procura di Chieti a dire che il reato sarebbe avvenuto altrove. Ma poco importa perché oggi stesso Mennini trasmetterà gli atti a Campobasso, Procura competente per inchieste sui giudici che operano nel distretto abruzzese.

leggi anche: Bussi, i giudici popolari: "Non eravamo sereni". Il Csm apre pratica Il Fatto Quotidiano riporta le testimonianze anonime di due di loro. Avrebbero subìto pressioni quando lo scorso 19 dicembre hanno emesso la sentenza per il processo in Corte d'Assise a Chieti in merito alla megadiscarica dei veleni della Montedison di Bussi sul Tirino. Circostanze che saranno valutate dal Consiglio superiore della magistratura

Via alle audizioni. Intanto, iniziano le audizioni post-sentenza di Bussi: quelle che, in alcuni casi, erano già state calendarizzate prima che il Fatto quotidiano rivelasse le presunte pressioni sui giudici e quelle che, invece, seguiranno l’indagine aperta dal Csm. Il caso Bussi era da tempo all’attenzione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite dei rifiuti presieduta dal deputato Pd Alessandro Bratti che, infatti, aveva già ascoltato Adriano Goio e che aveva programmato da tempo per lunedì l’incontro con il direttore generale di Solvay Italia e per il 27 e 28 giugno un sopralluogo a Bussi e l’incontro in prefettura con i due pm titolari dell’inchiesta, Anna Rita Mantini e Giuseppe Bellelli. «La commissione», come spiega il presidente Bratti, «era già a lavoro da tempo sul sito di Bussi così come su altri siti nazionali e, per questo, erano stati fissati gli appuntamenti con Solvay e a Pescara. Dopo l’articolo, è chiaro che faremo un approfondimento per capire se ci sono state situazioni anomale», dice il presidente della commissione bilaterale che, probabilmente, ascolterà anche i giudici popolari del processo di Bussi e il presidente della Corte Camillo Romandini.

L’avvocato dello Stato: sentenza annunciata. Nel frattempo, si è mosso anche il Csm che acquisirà le testimonianze dei giudici togati che hanno guidato il processo ed eventualmente anche quella dell’avvocato dello Stato Cristina Gerardis. Ma anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha chiesto gli atti del processo sulla discarica e valuterà se inviare gli ispettori a Chieti. Sono almeno tre, quindi, le indagini che cercheranno di spiegare qual era il clima che ha portato alla sentenza sulla discarica. «Giravano delle voci sull’esito della sentenza, sia al foro di Chieti che in quello di Pescara», dice Gerardis dell’Avvocatura regionale e parte civile nel processo. «Voci diffuse a cui però non avevo dato nessun rilievo penale», racconta. «Sì, ne parlavamo con preoccupazione ma senza dargli peso. Certo, alla luce di quello che sta emergendo in questi giorni e se la ricostruzione dovesse essere accertata, si può dire che sì, è stata una sentenza annunciata. E da cittadino, direi che è preoccupante». Gerardis, come lei stessa conferma, ha partecipato alla riunione del 4 dicembre 2014: quella in cui gli avvocati delle parti civili si sono incontrati per fare il punto a 2 settimane dalla sentenza. Una prassi per scambiarsi le vedute a cui sarebbe seguita una cena in cui, secondo la ricostruzione del Fatto, una voce anonima avrebbe annunciato: «Saranno tutti assolti». Ma poi il processo è proseguito e la sentenza è arrivata il 19 dicembre. Quindi, la bufera. A quel punto, Gerardis, come spiega, è stata contattata dal Csm. «Il vice presidente Giovanni Legnini mi ha inviato una email in cui mi ha chiesto di esprimere il mio punto di vista e io ho risposto con un contenuto che non posso divulgare». ©RIPRODUZIONE RISERVATA