Caporali e lavoratori invisibili

La Cgil: crisi e legislazione permissiva aprono nuovi varchi all'illegalità

PESCARA. Gli invisibili arruolati nelle campagne e ingaggiati nei cantieri per le costruzioni sono la forza lavoro che si compra al prezzo più basso, la prima risposta alla crisi e a una legislazione che apre ampi margini al ritorno diffuso del caporalato. Oggi come ieri, le aziende agricole si servono di lavoro nero durante le raccolte dei prodotti della terra. Ma il fenomeno non sembra più confinato alla Calabria e alla Basilicata, perché negli ultimi anni si va diffondendo in zone che sembravano affrancate da questa piaga sociale.

A cominciare dal profondo Nord, nelle aziende di macellazione del Modenese, nei campi di meloni del Mantovano o nelle cooperative di Cesena come nei meleti del Trentino. Un fenomeno che cresce anche in Abruzzo e trova nuova linfa grazie al proliferare di cooperative senza specifica ragione sociale, intermediari che si occupano di reclutare manodopera per eludere il fisco, utilizzare in modo improprio l'apprendistato e, in edilizia, creare nuove figure come i muratori-partita Iva esclusi da qualsiasi tutela contrattuale.

Le categorie degli edili e dell'agroalimentare Cgil, Fillea e Flai, sono impegnate dal primo marzo nella raccolta nazionale di adesioni a sostegno di una legge contro il caporalato. Ieri, la mobilitazione è partita ufficialmente anche a Pescara, con la presentazione di un convegno che si terrà domani all'auditiorum Petruzzi.

«Non siamo più di fronte al classico caporale che alle 5 del mattino si presenta in piazza a raccogliere lavoratori in cambio del 5 per cento della retribuzione» osserva il segretario della Fillea Abruzzo, Silvio Amicucci, «oggi abbiamo un caporale diverso, che ha studiato, e sa muoversi nelle pieghe di leggi e regolamenti. Soprattutto sa di poter avere a disposizione una grande domanda di lavoro e riesce a sfruttare tutti i vantaggi della condizione di clandestinità».

In Abruzzo il fenomeno non riguarda solo la Marsica, dove soprattutto i lavoratori del Maghreb, o i neo-comunitari, provenienti da Polonia e Romania, vengono occupati per la raccolta dei prodotti ortofrutticoli nei campi del Fucino. Così il tasso di irregolarità del lavoro agricolo si colloca attorno all'11,9 per cento, poco sotto la media nazionale (12,2%), con un'incidenza di lavoro nero stimata al 24 per cento. La situazione è solo leggermente meno grave in edilizia dove il tasso di lavoro nero è del 18%. «Il caporalato è un fenomeno a due facce» spiega Luigi Fiammata, leader regionale della Flai, «una è lo sfruttamento delle persone, in particolare migranti assoldati da caporali della stessa etnia; l'altra faccia è l'economia drogata che trova supporto nella concorrenza sleale e nelle infiltrazioni della malavita. Siamo molto preoccupati, perché lo schema della manodopera illegale è facilitato da una legislazione molto permissiva».
Il convegno «Stop caporalato» è dunque una risposta abruzzese alla campagna nazionale della Cgil, ma vuole essere in primo luogo un forte richiamo alla classe dirigente locale per chiedere un sistema di controlli più efficace.

«Basti dire», riprende Fiammata, «che il ministero censisce le nuove forme di caporalato solo dal 2010 e che l'attività ispettiva diminuisce. In pratica, è come se si fosse creato un vuoto che consente il propagarsi del fenomeno senza più argini istituzionali». Un autentico grido di allarme.

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