Commercio, impugnata la legge

Il governo: sui centri commerciali crea disparità tra gli operatori

PESCARA. La legge regionale del commercio crea disparità tra gli operatori. Con queste motivazioni il governo nazionale ha impugnato la riforma davanti alla Corte costituzionale.

Due i punti contestati dal ministro Raffaele Fitto: la disciplina sulla vendita dei farmaci da banco, e soprattutto la norma sull'apertura domenicale e festiva dei centri commerciali.

Rispetto al primo punto la legge regionale prevede all'articolo 5, comma 1, che gli esercizi commerciali che possono effettuare attività di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione debbano avere superfici minime prestabilite. Il governo nota però che «tali limitazioni di superficie non sono invece previste dalle disposizioni nazionali, pertanto determinano una non giustificabile disparità di trattamento con i soggetti esercenti la medesima attività nelle altre zone del territorio nazionale». La Regione dunque «ponendo limiti e vincoli alla distribuzione commerciale concernete la vendita dei farmaci da banco, risulta eccedere» dalle sue competenze «incidendo sull'assetto concorrenziale nel mercato della distribuzione commerciale e quindi risultando invasiva della competenza statale in materia di tutela della concorrenza».

Il secondo punto considerato incostituzionale dal governo prevede riguarda l'articolo 34 comma 3, nel quale si prevede che gli esercizi commerciali possano derogare dall'obbligo di chiusura domenicale e festiva, per un numero di 40 giornate nell'arco dell'anno.

La riforma prevede anche che, limitatamente alla grande distribuzione, le associazioni provinciali delle imprese del commercio, dei consumatori e dei lavoratori dipendenti, aderenti alle organizzazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale, «si impegnano ad inserire nei propri atti la garanzia di assicurare a rotazione il riposo ai lavoratori per almeno la metà delle giornate di apertura domenicale o festiva, e a sostituire i lavoratori a riposo con assunzioni temporanee nelle giornate domenicali e festive, al fine di garantire e implementare l'occupabilità del settore».

Anche in questo caso, osserva il governo, si pongono «in capo ai soli operatori della grande distribuzione commerciale, obblighi nell'ambito dei rapporti contrattuali con i propri lavoratori, che non sono previsti dal dlgs. 114/1998, e sono quindi tali da determinare alterazioni dell'assetto concorrenziale nel settore oltre a risultare invasivi della competenza esclusiva statale nella materia dell'ordinamento civile, considerato che le disposizioni regionali vanno ad incidere sul rapporto di lavoro subordinato disciplinato dagli appositi contratti collettivi di categoria».

Toccherà ora alla Corte costituzionale decidere se la legge regionale sul commercio viola l'articolo 117 della Costituzione come sostiene l'avvocatura dello Stato. In caso affermativo la Regione sarà chiamata a cancellare proprio quella parte della norma che aveva indotto i sindacati e le organizzazioni datoriali a dare via libera a una sostanziale liberalizzazione delle aperture festive (norma che danneggerebbe i piccoli negozi) in cambio di un potenziale aumento dell'occupazione, anche se in forma precaria, dovuta alla rotazione obbligatoria del personale.

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